Blow Up n.19 - Dicembre
1999
Italia terra di eretici e di navigatori
portoghesi. La Snowdonia da tre anni si diverte a infilarci nelle orecchie
pulci esplosive come petardi. Autoproduzioni che si prendono gioco del
libero mercato, voci incredibilmente strane di popoli perduti, improvvisatori
scorreggioni, orchestrine circensi, e tanto altro ancora. Wow Wave come
nome è proprio una schifezza, ma dato che un titolo ci vuole e
wave dev'essere inventiamoci dunque la...
RICOTTINA WAVE
sangue, sudore e lacrime di Francesco Vignotto
Abbandona quest'eco di giustizia, cedi alla sproporzione.
Piero Bigongiari
Entro
Innanzitutto, una precisazione riguardo al numero scorso. Abbiamo visto
l'esordio su Tzadik di Giustino Di Gregorio.
John Zorn ha visto bene, ma non avrebbe visto affatto
se non ci fosse stata una piccola etichetta messinese che avesse scoperto
il nostro Giustino, allora titolare di un cd autoprodotto, e l'avesse
incluso nella sua prima raccolta e inviata al sassofonista newyorchese.
Ebbene, quell'etichetta è la Snowdonia e la raccolta era
Orchestre Meccaniche Italiane. Cinzia La Fauci
e Alberto Scotti avevano appena resuscitato questa 'entità'
che nella metà degli anni '80 era una fanzine e tape label
ad opera del poeta/performer torinese Marco Pustianaz,
presente tra l'altro su quella raccolta con un brano.
Il bon ton del giornalismo imporrebbe ora la risposta alla domanda: ma
che musiche sono, quelle che passano dalla Snowdonia? Detto che, in questo
caso, le etichette - e i titoli - più che abbreviazioni semantiche
di un concetto, sono un'impostura, diremo quindi che non c'è
un minimo comun denominatore. Non potremmo dire che si tratta di gruppi
terribilmente strani e sguaiati: le loro compilation accolgono ugualmente
il dancefloor di Dj Subman e le sbracature noise dei
Bebe Rebozo come l'improvvisazione dell'Orbitale
Trio. Neppure sono tutti italiani e sconosciuti: dalle loro parti
sono passati sia i messicani La Funciòn de la Repulsa
che Otomo Yoshihide e i Doctor Nerve.
In realtà, è il trionfo dell'arbitrio libero e promiscuo.
Cinzia La Fauci e Alberto Scotti, moderni
idiots savants che intonano melodie storte e mongoloidi coi Maisie,
preoccupati in primo luogo di riempirsi le trippe e copulare (una compilation
- ricettario???) quanto a gusti musicali sono totalmente imprevedibili
- e chi è nella loro mailing list avrà letto, nei loro reportage
da Sanremo, gli entusiasmi per Nada e Gianluca
Grignani (sul serio). C'è però un grande
merito, e sarà argomento di questo articolo. Attraverso un'immagine
che buca ogni supporto, Snowdonia ha portato alla luce l'opera dì
musicisti e piccolissime etichette che agiscono in regime di clandestinità.
Il fatto è che molte di queste cose sono veramente notevoli.
Di questi musicisti Snowdonia è diventata il catalizzatore, aspetto
questo importantissimo - e qui rimando all'articolo di Stefano
I. Bianchi del numero scorso - visto che la fortissima frammentazione
già esistente a livello di tape-label diventa l'anarchia
più completa e dispersiva con l'introduzione dei masterizzatori,
che rendono pressoché indistinguibile il prodotto industriale da
quello casalingo. Più che di tecnologie, parliamo, grazie al cielo,
ancora di esseri umani e di musiche ben poco mediate da notizie di agenzia.
E curioso: c'è un sostrato indigeno, stravolto e trasfigurato,
che rende queste musiche qualcosa di particolarissimo: eresie individuali,
fiorite in terre di nessuno, sparse a macchia di leopardo sulla penisola
e oltre...
L'Italia, ebbe a dire Emanuele Giannini degli Starfuckers
in un'intervista a questo giornale, l'Italia è veramente
la periferia dell'impero. "Ma questo potrebbe essere anche
un vantaggio: siamo talmente improponibili che potrebbe nascere qualcosa
di diverso" aggiungeva. Appunto.
Accanto a nomi anche illustri, Snowdonia accosta musiche che vivono in
uno stadio preindustriale. La rivoluzione sta piuttosto nel punto di vista
di chi le gestisce, che, più che considerarle un passo in qua rispetto
ad un - forse impossibile - sviluppo, alza il velo di ogni mediazione
- di mercato e di etichette - scoprendo il brulicare di enormi e misconosciuti
musicisti accanto a simpatici cialtroni illuminati da grazie passeggere.
La verità, sconvolgente e banale allo stesso tempo, è che
messi sul supporto di un CD non hanno pregiudiziali anteriori al dato
sonoro.
Compilationz
Nel '97 OMI (Orchestre Meccaniche Italiane) era
la notificazione di presenza, che ci fece scoprire che in Italia da tempo
operavano, tra gli altri, i Gi-Napajo, quel geniaccio
di Sprut, le orchestre no wave Bz Bz Ueu
e Nando Meet Corrosion.
Se OMI dunque rodava il motore, l'anno successivo la Snowdonia
rilancia con i due monumentali volumi di SBIM/SBAM (un'altra
sigla, che sta per Snowdoniani Baccelloni Infettano Megaton 4 - Snowdoniani
Baccelloni Attaccano Megaton 4).
Spunta la formula della compilazione a tema. Ogni partecipante consegna
un brano sul tema prestabilito: la fantascienza. Appaiono anche nomi stranieri,
illustri sconosciuti da tutto il mondo pescati chissà dove...
L'assemblamento dei brani possiede una coerenza che la rende in
un'opera collettiva, non importa che questo linguaggio misto parli
di volta in volta quello delle dilatazioni freakedeliche (i veterani Kryptasthesie),
dell'ambient con o senza vita, dei primitivismi semitecnologici
residentsiani (Maisie, il parigino David Fenech)
o dei modernariati liscio-spaziali degli Ella Guru, o,
ancora, della new age sciacquata nelle rive del Gange dei Cacophony'.3.3').
Impossibile è nominare tutti uno per uno. Notevolissimo è
però l'apporto dell'Orbitale Trio
di Stefano Giust, con un collage dodecafonico con crescendo
di fiati sintetici veramente sublime, nonché la scoperta degli
Anatrofobia (vedi Blow Up 10). I Motor Dimension
Idol di Maurizio Suppo, infine, sciorinano un
flusso chitarristico buckethead-hainokeijiano dai tic nervosi, un ibrido
di cui non sono più separabili le diverse matrici, con per di più
una voce femminile che liofilizza lo scat in fiume veramente alieno.
Nella sua mole mastodontica, SBIM/SBAM è però un'opera
ancora tutta da scoprire, nonché prima rivelazione di megalomania
da parte della Snowdonia: quasi due ore e mezza è una follia, ma
riescono alla perfezione, grazie anche alla qualità di masterizzazione
notevolmente migliorata. D'ora in poi, nelle compilation, i due
tiranni snowdoniani giocano esattamente lo stesso ruolo del regista nei
confronti degli attori. Le raccolte sono sempre meno campionari di cosa
passa il convento, i nomi dei singoli sempre più opachi rispetto
al risultato complessivo.
Più snella e maggiormente digeribile (guarda caso) la raccolta
successiva, uscita pochi mesi fa, ha dunque come tema il cibo. La confezione
di The Last famous lnternational Gluttons, spingendosi ancora
più in là nell'immedesimazione musica-tema, è
un ricettario con tutte le istruzioni per preparare i piatti a cui ogni
partecipante ha dedicato un brano. Non mancano le suggestioni mimetiche,
cosicché davvero il synth casereccio dei Palo Alto2
sembra succhiare come le sanguisughe del titolo, o l'Omelette
Lunaire di Motor Dimension Idol sembra friggere
in padella, e il demixaggio dei Maisie ad opera di MSBR
descrive come Monica Lewinsky Eats Our Aubergines con risucchi
poco educati.., grande 'scoperta' è il pop asiatico
dei Phnonpenh Model - pare siano la 'parodia ufficiale'
dei P-Model, gruppo molto famoso in patria.
È anche, questa, la compilation dei grandi nomi. Ma sicuramente
Trumans Water, I.S.O. e soprattutto
Doctor Nerve non valgono gli Hajjaj/Orbitale
Trio, nè l'elettro folk texano di Rudi Schwartz
Project (Hey Darling, Can I Buy You A Taco?). Perché
il bello di Gluttons, più ancora che SBIM/SBAM,
è di rendere avanguardia e improvvisazione puro divertimento in
primo luogo. Potrà anche diventare un limite, potrà anche,
alla lunga, stancare. Non è ancora il caso, mi sembra.
Contatti:
SNOWDONIA c/o Cinzia La Fauci, Via Cherubini, 84-98124 Messina (Tel. 090-711542/2924598)
I Residenti
Residenti perché 1) i Maisie sono il gruppo di
casa Snowdonia e 2) il signor Gi Gasparin è molto
legato alla sua residenza, in località premontana e in quasi completo
isolamento. Ma, soprattutto, perché le loro musiche rivelano, concettualmente
e praticamente, l'appartenenza alla genia del misterioso e omonimo
gruppo californiano.
I Maisie e le incredibili voci dei Paracuwaii
I Maisie sono Alberto Scotti e Cinzia
La Fauci in persona, con la partecipazione del fratello di lei
Danilo. Registrato con un microfono giocattolo, una chitarra
a quattro corde e una tastiera, Maisie And The lncredible Strange
Choir Of Paracuwaii (Snowdonia, 1998) è il loro primo disco
in proprio e allo stesso tempo una compilation, Confermando l'idea
collettiva ("Snowdonia non è un'etichetta, è
un'entità spirituale" stava scritto su 0MI),
i brani del gruppo si alternano a cover in tempo reale di altri gruppi.
Degni compari, soprattutto i quasi boredomsiani Nando Meet Corrosion,
il folk-porno del parigino David Fenech, e il free jazz
di Every Other Breath.
I suoni arrivano da tutte le parti. La fanfara sintetica di Silicone
è appena cominciata e non si sa quante voci siano, che razza creature
siano, so solo che sotto sotto (ma neanche tanto sotto) è pop gentile,
anche quando (Squid In Your Ass) ti scortica le orecchie cercando
di infilarti strani pesci in quel posto.
"Siamo degli inetti che dicono di esserlo sperando che il fatto
di ammetterlo ci renda concettuali" (Cinzia La Fauci).
Non si pensi tuttavia di trovarsi di fronte al mito del buon selvaggio.
L'inettitudine e l'approssimazione dei Maisie
è un'arte, esattamente come quella dei primi Residents,
omaggiati per l'appunto con la cover Semolina - ma anche
l'intero concept si basa su di un'idea perfettamente residentsiana:
la storia della popolo Paracuwaii, cavia per esperimenti
nucleari del governo cinese, sparpagliati per epoche e luoghi dall'esplosione
di una nuova e potentissime bomba atomica: suonano i loro nasi accordandoli,
per questo le loro melodie suonano incredibilmente strane.
Tuttavia, se l'atteggiamento è sbarazzino, è tutt'altro
che parodistico - i due dicono di aver "ascoltato più
new wave di Vittore Baroni tra il '79 e l'83" e
Alberto Scotti cita tra i suoi gruppi preferiti gli Air
- e c'è veramente di tutto in queste canzoni sceme (qualcuno
ci sente pensino echi di Madonna), dallo ska nazionalpopolare
Song About The Several Ways to Use A Woman alla tarantella geneticamente
mutata di It's Only a Joke, con una chitarra-mandolino
veramente esilarante, il dub-giocattolo lpervitaminized Grubs
e l'inno - in finto reverse - Pakistani Space Mission,
della quale sembra sia in preparazione un intero cd di cover.
Se l'attitudine può ricordare i primi Devo,
God Is My Co-Pilot e certa Now Wave (Zeek Sheck
non è molto distante), l'atteggiamento è, come dissero
in una intervista a Rockerilla "di non lasciare nulla nel piatto".
Mostri della civiltà dei consumi?
Le piante sintetiche e gli uccellacci del signor Gasparin Gi
La chitarra in mano al pittore veneto Gi Gasparin è
uno strumento di farneticazione in odor di patafisica. Scienza delle soluzioni
immaginarie che più che cercare un'armonia ricama contrappunti
in falsetto, più che accompagnare rifà il verso. Se per
molti aspetti può ricordare un Frith più
povero, ne è verosimilmente la parodia. Perfetto compagno, dunque,
di Ignazio Lago, chitarrista anche lui e voce spastica
e gutturale, con i cui fratelli Paul e Giò Lago
formò i Gi Napajo. La loro è una parabola
purtroppo troncata da morte prematura: è di un anno fa la notizia
dello scioglimento.
Un vero peccato, perché l'unico cd inciso, Tsantsas,
del '95, non rendeva piena giustizia - complice anche una produzione
opaca - alle loro sarabande, che incorporavano scontrosamente la no wave
contorsionista e sincopi zappiane, rumbe urticanti e spinte verso un impossibile
folk autoctono. Musica da praterie venete a forti tinte spaghetti-western,
popolate di creature primitive di non chiara genia (Antropo andromane
anfibio) e uccellacci di pasoliniana memoria (Uccellacci,
L'uccellaccio è ancora tra noi, con tanto di Totò
e Ninetto Davoli campionati) e, toh, anche di indiani (lo strascico scomposto
di Go Khla Yeh).
Meglio di Tsantsas sono i due volumi dal vivo su cassetta, da
cui ho citato gran parte dei brani. Se il primo risultava diretto e asciutto,
il secondo attenuò la dissonanza propendendo per lunghe Jam strumentali
a volte cervellotiche. Tsantsas fu una mediazione tra le due
tendenze e presentava in gran parte brani già conosciuti, inframezzati
dalle quattro parti della (ahem) Trilogia del delirio quotidiano.
Un rammarico: ascoltare sul live, uscito su Setola di Maiale nel '97,
il brano Soto de na gamba, frammento 'salvato dall'alluvione
del Polesine", impagabile summa dell'arte vocale di Ignazio
Lago.
Perse totalmente le tracce dei fratelli Lago, proseguono tuttavia le divagazioni
musicali di Gasparin, che già molto prima dei
Gi-Napajo lo avevano tenuto occupato. Fin dalla fine
degli anni 80, è infatti l'altra metà del misterioso
duo Piume e Sangue, assieme al compositore Paolo
Dal Balcon. Sono autori di un paio di cd retrodatati (e molto
c'è ancora da scoprire.., la teoria dell'oscurità?)
accompagnate sempre da truffaldine rassegne stampe e interviste mute.
In Procedure, che raccoglie materiale dell'87 e deII'88,
si fanno chiamare Signor Mandibola e Professor
Decibel, l'attenzione è focalizzata, più
che sulla musica, sulle note che descrivono, appunto, le procedure prese
a a prestito dalla contemporanea: Peck, Satie,
Cage, addirittura Cowell. Carcassa di
paesaggi sonori disabitati e inservibili, Procedure è pornografia
della composizione, è l'avanguardia costretta a mettere in
mostra le pubenda, nudità di metodi e procedure senza carne. Tanto
che non resta, come le piante sintetiche che non bevono e non vivono,
che contemplarne la perfetta inutilità.
P.DECIBEL Ironia della sorte (sorridendo). Il signor Erik
Satie, in un giorno di temporale, fu visto imprecare contro il cielo proteggendo
l'ombrello sotto la giacca. Alla sua moda e furono trovati nella
sua stanza un centinaio d'ombrelli gran parte dei quali erano ancora
avvolti nella carta del negozio che l'aveva venduti.
S.MANDIBOLA Un caso di suprema perfezione.
Con tali presupposti.., stupisca ano, i nostri decidono di resuscitare
i due navigatori portoghesi Serpa Pinta e Diego
Cao, mettendogli in mano gli strumenti. L'ora abbondante
di Piume e Sangue presenta il Duo Portugal
(Hax/Lunhare) è forse il punto di partenza ideale per avvicinarsi
a Gi Gasparin. Due lunghe suite che iniettano vita nei
fondali inermi di Procedure.
La prima traccia, Nel ventre della balena, è la narrazione
sonora (presumibilmente) del mito di Giona dal punto di vista fisiologico
della balena, secondo la tecnica residentsiana della musica "visuale”:
i fondali sonori che in Procedure erano in disuso si trasformano
qui in un universo giocattolo di clavicembali e nenie infantili, batterie
elettroniche che si rifiutano di tenere il tempo e l'impossibile
chitarra di Gasparin. Meglio ancora la seconda parte
del cd, Un Treppiede a due gambe, percorsa da continuum pianistici
e da timide pulsazioni e minimi pigolii di chitarra. Un tour de torce
di mezz'ora che lentamente si elettrizza immergendosi in ambienti
morti di vicoli stretti, genovesi, tutt'altro che innocui - nonché
notiamo la riapparizione, in chiusura, di sinistri uccellacci.
Uccellacci, di nuovo. Falcano il cielo sempre gramo nel naufragio
di una Terra Malsadica, nel marasma di suoni sintetici, a raccogliere
le spoglie combat-rock del brano che era. I due navigatori si sono inabissati
col loro veliero, cambiati ancora i compagni attorno a Gasparin.
Non ha importanza che ciò che avviene sia anteriore o successivo.
Il paesaggio, suggerisce l'assente Ignazio Lago, compie di nuovo
il suo corso.
Sulla scalinata della parrocchia, Felice Pesavento -
chi è costui? bella domanda -accompagna Gasparin
nelle prove dei canti per una messa di apostati, ma c'è solo
A-tristeza da celebrare, e un pesce fuor d'acqua per far
la comunione. Altri compagni, che poco hanno a che spartire con la musica,
si uniscono all'occasione. Con una tastierina che neppure tale si
può chiamare, la solita chitarra dislessica più che stonata,
quella della Confraternita Felice Pesavento, così
come sentiamo in Desviant Pica Pau (cd autoprodotto),
è tristezza di carcerati (e il canto di carcerati, di celiniana
memoria, è proprio in apertura, per sole incerte voci all'unisono),
di pezze al culo e sguardi all'oriente - si scopre la voce baritona
e balcanica di Gasparin: non discuteremo di geografie precise, siamo tuttora
in un non-luogo.
È' come se la modernità fosse piovuta dal cielo rotta,
mentre si conservano le antiche, ormai vuote, usanze - in bocca c'è
il dialetto: squalificante, basso, non rivendicativo - in mancanza dei
foglietti illustrativi delle nuove. Una sorta di Sandinista dei popoli
vecchi -quelli europei - ma profondamente e grottescamente dark, dove
ancora c'è spazio per la festa di villaggio - la banda in
Grow -, ma con cassa in levare, come arrivasse dal piana/e di un qualche
giovane tamarro di paese, ma subito distrutta e piegata - ironia zappiana
o della zappa - su un parodistico swingato. E infine, gli occhi, quelli
scrutanti che erano di Piume e Sangue, si innestano su
volti senza facce di persone senza storia, senza nome, perché questo
non ha importanza. Come una valutazione di questa musica.
Contatti:
Gi Gasparin, Via Alberetto, 24/1 36030 Sarcedo (VI).
Cazzabuboli e flessibili
Il secondario. Attrezzi pericolosi che, dato l'abbandono delle fabbriche,
finiscono in mano a un ragazzo imprudente. La flessibilità degli
ex-industriali.
Le suture di Daniele Brusaschetto
Quando Daniele Brusaschetto suona, mi dicono, la gente incomincia a scappare.
Questo, oltre alla sua partecipazione alle prime due compilation snowdoniane,
è un buon motivo per trovarsi in questo articolo.
Sin dall'esordio con il cd Bellies/Pance, (del 97, una
coproduzione Hax/Snowdonia/RRR), la musica di Brusaschetto
si presenta come un campionario di cultura industriale. Ci sono i Godflesh
assieme a mahyem trentreznoriani (Puerile, Braccia Meccaniche),
echi di Sonic Youth del periodo Bad Moon Rising
(oggi, ma il referente sembrano soprattutto le fabbriche abbandonate e
impazzite dei Throbbing Gristle e gli Einsturzende
Neubauten, ora nella originale furia anarcoide (Suture),
ora incanalata in precarie strutture-canzone. Ed è quest'ultimo
aspetto, penetrato nella carne e lamiere di questi suoni, il più
interessante, e lo chiamerei, con Brusaschetto, protopop.
Agnello, un sinistro reggae sui generis costruito sul cigolare
zoppo di una macchina automatica, potrebbe essere il negativo di un Niccolò
Fabi. A quest'ultimo il sole, a Brusaschetto
ciò che la nebbia fa apparire.
Canzoni puerili e sgraziate, e l'edipico Mamma Fottimi
(ZZZ prod), uscito pochi mesi orsono, si spinge in questa direzione, attenuando
l'impatto concreto del precedente. La cantilena allucinata, trascinata
per otto minuti che dà il titolo all'album, la catatonia
dì Forse e ancor di più l'amniotica Odore d'infanzia,
seppur - inframmezzate da un rasoio in levare alla Big Black
(Schiavo), sono l'esempio di come Brusaschetto si stia
muovendo verso una sorta di cantautorato spurio, di cui ciò che
attrae pericolosamente è la sua voce sempre più sedata da
una psicosi depressiva, senza il misticismo di un Gira
né di un Tibet - entrambe influenze rintracciabili
nella sua musica. Qualcosa però, oltre al fastidio, fa male anche
in chi ascolta - e qui torniamo a quelli che scappano. Che Brusaschetto
sfreghi il dito in una piaga?
PS: Brusaschetto è oggi accasato presso la ZZZ prod. di Torino,
un'altra etichetta da tenere sott'occhio: oltre a raccogliere
My Cat Is An Alien, sono casa degli Anatrofobia
e il gruppo noise eterodosso Larsen.
Contatti:
Daniele Brusaschetto, Via Scotellaro 71 -. 10155 Torino, e-mail: brusaschetto@hotmail.com
ZZZ Prod. Officine 23, via Bellezia 6/0,10122 Torino, Tel. 0114369334,
e-mail: zzzprod@hotmail.com
Spare Parts
Me li immagino così i Parts,
che si calano armati di flessibile su di un paranco nell'officina
buia che si vede in copertina ad Eternit. Dev'essere una
fonderia. Quel cd, dello scorso anno, raccoglieva brani del biennio precedente
del quartetto (una delle loro menti è il chitarrista Andrea
Azzali, dei T.A.C.). Una strana fusione, se
già nel primo brano spunta un sax schizoide memore dei primissimi
King Crimson, o, in Sistema "A", gli
ululati sorvolano il cupo dub metallurgico come quelle di uno Stratos
arrochito. È un rock industriale che potrebbe ricordare, per affinità,
Foetus o i Cop Shoot Cop, solo che ci
arriva per diverse vie, perché alla staticità industriale
i Parts installano articolazioni progressive, la via
che collega i Voivod di Killing Technology a,
appunto, i Crimson di 21th Century Schizoid Man,
e, appunto, gli Area, da cui però ereditano anche
una certa pretenziosità (o ingenuità) nel cantato. Peccato
che le produzioni finora siano state tarate da una qualità sonora
pessima, che, se su Eternit risultava peraltro non pregiudicante,
lo era sul precedente Tools Of Sound (il cui flauto in apertura
conferma l'ascendenza progressiva), sì. La Suite 8088,
su SBIM/SBAM dimostra quel che potrebbero fare con un suono più
chiaro.
Ma dalle loro officine, quelle della Spare Parts, etichetta
appositamente creata per le loro uscite, arriva anche un disco quasi perfetto
come Monophon (Spare Parts/ Snowdonia), parecchio distante
dai Parts. Dismessa la tuta di carpentiere, il solo Andrea
Azzali, con l'aiuto in un brano di Simon Balestrazzi,
esplora una drum'n'bass terremotata, che attinge direttamente
e consapevolmente dalla contemporanea, non solo per il finale del cinguettante
continuum ligetiano, se già in 5 un piano dodecafonico
è travolto da una slavina di oggetti. Suggestionati dalla forte
analogia drum'n'bass / contrabbasso e batteria, 2
e 3 sembrano provenire da degli ICU più
aspri e ossessivi, giocando su accartocciamenti e accelerazioni dei ritmi,
come se l'immaginario duo venisse colpito da alterne paresi e schizofrenie.
È un disco che provoca forti crampi nell'ascoltatore, anche
se passato l'abissale Dub For Otello si distende appena,
mantenendo in senso lato le radici industriali in alcuni gorghi percussivi
e soprattutto nei flessibili sintetici che rispuntano in 9. Una
sorta di (jazztronica 'continentale', ed uno dei dischi migliori
tra quelli trattati in questo articolo.
Contatti:
Andrea Azzali, B.go Pipa 8 -43100 Parma, Tel. 0521/221005
Venti improvvisi
Non venti, ma tre. Il vento, anzi, la ventilatio, riguarda l'ultimo.
Tre modi di improvvisare, legati al tempo di una vita piuttosto che a
quello dei minutaggi dei lettori CD. Frutto di atti non premeditati, affidati
spesso a supporti abili come i nastri e non valutabili come gli archivi
personali, fanno spesso a pugni con la mercanzia musicale.
Dominik Gawara
L'udito può prender atto dell'interno di un oggetto
senza penetrano. Si può dare un colpetto su una scatola per sentire
se è piena o vuota, o su un muro per scoprire se è cavo
o massiccio; nello stesso modo si può far cadere una moneta per
sapere se è d'argento o di piombo. (W.J. Ong,
Oralità e Scrittura).
Il suono di un oggetto percosso è la voce delle sue viscere. Se
il suono vive nel tempo ed esiste nel momento stesso in cui muore (citiamo,
ancora, il padre gesuita Ong), allora il ritmo è
un incantesimo che accerchia la freccia del tempo in un ciclo di morti
ed istantanee rinascite. Un incantesimo.
Voce degli oggetti e ritmo: abbiamo quasi tutti gli elementi della musica
di Dominik Gawara, percussionista polacco - ma vive a
Torino - e snowdoniano della prima ora. Lo si può sentire in diversi
brani in tutte le compilation, da solo e assieme ad Alberto Scotti
negli Stoves. È, inoltre, l'infante che
si lecca i baffi alla sinistra del logo di Snowdonia su Gluttons
(quello a destra è il padre storico Marco Pustianaz).
Non ha mai inciso un cd, ma ha prodotto diversi nastri: Gawara
appartiene pienamente a quel mondo di tape-labels di cui parlavamo in
apertura.
Dicevamo dunque degli oggetti. Gawara percuote ogni tipo
di strumento a percussione - anche da lui costruito - e oggetti di ogni
sorta: vasi di metallo, sedie e altro ancora. Come il Davis
di On The Corner il ritmo è abnorme - ossessivo? il battito
cardiaco è ossessivo? - ma è uno scioglilingua che, attraverso
la ripetizione, mette in circolo filamenti elettroacustici, sottili melodie
aeree, amplificazioni e ingrandimenti di singole componenti timbriche
del suono di origine. Una ragnatela fitta di oggetti in trottola, grazie
anche alla precisione della mano di Dominik, che è metronomica
e, al tempo stesso, umana: nonostante ci troviamo di fronte a strutture
che potrebbero appartenere anche agli ultimi Autechre,
Gawara, seppure lavorando per sovraincisioni, è
un improvvisatore puro, e non è in grado, lui dice, di eseguire
due volte esattamente lo stesso pezzo.
Agli etnografi - e ai turisti in cerca di cartoline - lascio il rompicapo
della provenienza. Agli altri consiglio di ascoltare Selian,
del '98 (sentire in apertura come strazia uno strumento ad arco,
o, in ZGL Blues la chitarra è un burattino in balia del
ritmo, o ancora la sinfonia al contrario Postlude), oppure come,
dal gorgo percussivo, in 5 /2 Micro Songs For Fast Movements,
gli escano dallo stomaco primitive voci che sembrano quelle dello stregone
di Eskimo dei Residents (ancora loro...). Un
altro neoprimitivo, come, e in diverso modo, Giustino Di Gregorio.
A proposito, presto, su Snowdonia, ci sarà la ristampa delle due
cassette che Dominik aveva realizzato con i Bianca Belmont.
Contatti:
Dominik Gawara, Via Giuditta Sidoli 1, 10135 Torino. tel. 0347-9631507.
Le circostanze di Stefano Giust
Quale musica può rappresentare il mondo contemporaneo? Senza
dubbio dovrebbe essere una musica moderna, una musica che affonda le sue
radici nella realtà quotidiana, che rende conto dei rivolgimenti
sociali e del fatto che la gran parte del pubblico non sa che farsene
della musica. Nello stesso tempo dovrebbe anche - come ogni verità
- avere qualcosa di sensazionale, e a tal fine basterebbe una musica che
non fosse falsa, come lo è invece quella che circola ora nella
vita culturale, che impone al pubblico falsi sentimenti e relazioni, e
costituisce un perenne ostacolo ai rapporti fra /'uomo e il suo
tempo. (Fred K. Prieberg, Musica Ex Machina,
Berlino 1960 - presentazione del catalogo Setola di Maiale)
Chi ricorda un gruppo post-hardcore della prima metà dei '90
che di nome faceva Le Bambine, ricorderà magari
anche un loro LP che si chiamava Carni a metà prezzo. In quel disco,
del '93, il trio combinava il suono Dischord con improvvisazioni
e l'allora vivente 'crossover'... ma, soprattutto, colpiva
quella batteria dal tocco preciso e pesante come il piombo.
Quel batterista era Stefano Giusti, che, perdendo una
'i' alla fine del cognome, di lì a poco, sciolte Le
Bambine, fondò una non-etichetta dal nome Setola di Maiale,
una sorta di archivio personale e per musicisti come lui 'radicali',
termine che ricorre spessissimo nelle note del suo catalogo. Conosciamo
bene gli Anatrofobia e, nelle recensioni, i Lingam,
che hanno appena pubblicato un bel disco di progressive anarchico su RéR,
Musiche Per Un Film Immaginario (vedi Blow Up#13). Questi nomi,
e molti altri, come anche i Gi-Napajo, sono passati per
Setola di Maiale ed occorrerà riparlarne in futuro, dato che sono
tantissimi e ci porterebbero molto lontano in questo articolo.
Giust parte dunque, novello Diogene, alla ricerca della musica che non
è falsa, in totale opposizione al mercato ufficiale. E siamo, in
apparenza, agli antipodi dello snowdonian way of life. Proprio con la
Snowdonia, invece, è strettissima la collaborazione e I'osmosi:
se il referente è il jazz afroamericano nella sua versione, appunto,
"radicale", allo stesso tempo questa musica delle circostanze
(come titola uno dei numeri in catalogo, un esercizio minimalista glassiano
alle marimba) attraverso l'improvvisazione, ossia l'atto non premeditato
tende ad appropriarsi di tutti i generi, anche quelli di maggior consumo.
Un vero e proprio esproprio, anche della spazzatura.
Prendete, giusto come esempio, Margini di Riciclo. L'arte
chirurgica, che ritroveremo al suo grado di massima finezza in Sprut,
è trasformata in macelleria adottando una primitiva tecnica di
djing: un normale amplificatore stereo i cui selettori permettono di suonare
le diverse entrate contemporaneamente, due piastre di registrazione, un
giradischi e una radio. Un vero un frankenstein compattatore di immondizia,
composto da frattaglie techno-hardcore decelebrato e radiomarie, proto
big beat e cyber metal fulminanti.
Anche Nudocrudo, con il chitarrista Andrea Pezzé,
ingloba i vortici dei Sonic Youth e spezzature aphextwiniane assieme a
ritmi acid house. Il tutto è suonato fisicamente dai due coi propri
mezzi: chitarra, batteria e qualche drum machine, a prova che i generi
(e le tecnologie...) "non contano, le persone valgono di più".
Ne consegue la perfetta inutilità del 'prodotto' come
lo lo intendiamo solitamente, per cui ci troviamo qui a parlare non di
uscite discografiche, ma di incontri, percorsi personali.., il supporto,
cassetta o cd, è solamente un espediente per sottrarli alla scomparsa,
un documento. Altrimenti non si spiegherebbero i numerosissimi numeri
dedicati alle varie performance dell'Orbitale Trio, collettivo
di Giust, all'insegna dell'improvvisazione pura (diceva Leo
Smith), ma il risultato, su nastro e cd, è spesso veramente
ostico, spostato com'è dal suo contesto.
Caratteristica essenziale di Giust, a differenza di molti batteristi sperimentali,
è la presenza costante del ritmo. Che è timbricamente esplorato,
mostrando uno spettro pressoché infinito di sfaccettature, ma sempre
pulsante. È il caso degli episodi migliori, soprattutto quelli
in compagnia del contrabbassista Fred Casadei, quel Three
Feets For Trees già recensito sul numero 1O di Blow Up. Ma
anche di un mini in compagnia dei Maisie (in cui esplorano,
con strumenti interamente acustici, l'improvvisazione con tecniche
quasi drum'n'bass.
Ma forse Ripercuotere è il perfetto esempio di ecologia
acustica e, allo stesso tempo, dell'atleticità di Giust:
risultato di un assemblaggio di parti estratte da una session solitaria
di 10 ore (!) alla batteria e con qualche chitarra qua e là percossa,
alcuni effetti. Tuttavia l'approccio di Giust è
tutt'altro che virtuosistico, o meglio, è in grado, come
pochi, di concentrare le sue capacità per creare pattern minimali
che si incastrano alla perfezione nel silenzio, nei minimi drones (toh,
gli Starfuckers), in emulazione e in gara anche con il
suo doppio elettronico - la drum machine. Massimo significato con minimo
significante...
Impossibile, in definitiva, mettere la punteggiatura sull'attività
di Giust: a volte ci si sente sconfortati per la mancanza
di un disco che riassuma e concentri tutte le sue direzioni. Ma forse
è solo una falsa esigenza per chi è abituato a uscite ufficiali
e ufficiose certezze. Da tenere d'occhio è il nuovo collettivo
con cui Giust sta girando per una serie di concerti:
oltre al sassofonista lvan Pilat, già nell'Orbitale,
c'è, guarda un pò, Dominik Gawara
al basso e lo snowdoniano Dimension ldol alla chitarra...
Contatti:
Setola di Maiale c/o Stefano Giust, Via Del Porlo 7/19, 33080 Porcia (Pordenone),
tel.0434/554443
Corpo e suono di Eugenio Sanna ed Edoardo Ricci
Perché fai questi versi? Semplice, perché ho mangiato dell'aglio
poco fa... (Eugenio Sanna e Edoardo Ricci,
da Le sette premonizioni ortofrutticole)
È indirettamente implicato con il giro di Snowdonia, ma non ha
mai partecipato ad una sua compilation, anche se - diciamo su Gluttons-
il pisano Eugenio Sanna ci sarebbe stato come il cado
sui maccheroni. Pardon, come l'aglio sulle patate. Ma procediamo
con calma.
Chitarrista la cui parabola può ricordare quella di Chadbourne,
Sanna esordì nella metà degli anni 60 in un gruppo country
chiamato Le Storie del Vento. Nel decennio successivo,
grazie all'incontro con il free, elaborò uno stile improvvisativo
cacofonico e corporale, per cui non esistono paragoni plausibili. Non
è certo qui - un breve paragrafo - la sede adeguata per trattare
esaurientemente la sua trentennale e importantissima carriera: occorrerà,
anche in questo caso, una monografia approfondita. Per ora ci basti sapere
che l'improvvisazione per Sanna è, diciamo,
l' "espletazione" della quotidianità.
Tra le sue innumerevoli formazioni, seminari e gruppi di musicoterapia,
ci interesserà qui la sua collaborazione con il sassofonista e
sbracatissimo declamatore Edoardo Ricci, assieme al quale
prese parte, negli anni 80, al gruppo di improvvisatori fiorentino NEEM
(Nuove Esperienze di Eresia Musicale) e, nell'86, formò i
Padouk, nei quali unirono un'eclettismo che sfondava
i confini del jazz e coniugandolo con le le performance poetica di Ricci.
Tutto ciò è documentato in un LP omonimo (Padouk, 1988).
Come facciano Sanna e Ricci, non so dire. Lo Scorfano
Miracolato (Burp Sonic lnventions) si chiama un loro recente lavoro,
e la loro musica è proprio lo scorfano trovato ancora vivo in una
pescheria di Camogli, comprato per restituirlo alle acque del mare. Dirò
di più: è, allo stesso tempo, il pigiama pieno di buchi
assieme al quale lo gettarono in mare. Credo che che quella famosa frase
di Sanna, di anni fa, "occorre distruggere il
bello, in quanto il bello è derivante dalla nozione che la collettività
ne dà", appartenga ormai al suo passato. Il bello è
stato distrutto, ma per raggiungere la carne ancora viva, preesistente
malgrado tutto, vestiti consunti, indossati con severa cura. E qualche
palloncino di gomma, motorini da piste giocattolo, qualche tegame, "alcuni
baci agli strumenti, qualche passo di danza e una strizzata di cellophane"...
Contatti:
Edoardo Ricci, Via I Maggio 57, 50067 Rosano (Rignano Sull'Arno)
FI Tel. 055-8303406.
Eugenio Sanna, Via A. V. Berlingheri 12, 56127 Pisa, Tel. 050-598758
PS.: senile precursore dei tempi, Sanna offre da tempo
sulla sua segreteria telefonica un estratto in audio reale dallo Scortano
Miracolato, ovvero la Musica della segreteria telefonica, prima e
assieme ultima traccia di quel disco...
Lady Porconio, vai per la tua strada
Siamo già arrivati all'altro polo di eresia, oltre quello
di Snowdonia. Burp è, per il momento, più nebuloso. Infine,
le due orchestrine no wave italiane per eccellenza: Bz Bz Ueu
e Nando Meet Corrosion.
La musica delle colonie
Le sette premonizioni orto frutticole e Lo Scortano miracolato
sono pubblicati da un'etichetta di Firenze, la Burp Sonic Inventions,
responsabile, oltre che di una pubblicazione a fumetti, della compilation
Music Against Ourselves, che raccoglieva soprattutto gruppi di
area tosco-emiliana, oltre ad un buon numero di nomi in comune con la
contemporanea 0Ml, tra cui Bz Bz Ueu, i Gi-Napajo
e Jealousy Party.
L'esperienza del NEEM e soprattutto le improvvisazioni
iperrealiste di Ricci e Sanna in realtà avevano
stravolto le vite musicali dei due gruppi fiorentini che costituivano
la base di quest'etichetta, ossia Eraserman e Dum
Dum Power, se nello split cd del '93 Muscle Head Music
si trattava di due seppur stravaganti gruppi hard blues con ascendenze
kraut - diciamo Amon Dull II.
Le conseguenze si avvertono dapprima nell'EP del '96 degli
stessi Eraserman, Twice His Size, in cui in
due brani su quattro i fiati di Ricci e Stefano
Bartolini (anche lui proveniente dal NEEM) aprono
e dilatano le tradizionali strutture delle canzoni in senso quasi canterburiano.
Quando l'anno seguente viene pubblicata MAO, i componenti
del NEEM compaiono accanto ai giovani gruppi, scompaginando
e ridisegnando variabilmente le formazioni. Ricci, mattatore
nel Tempo Urbano e in altri numeri, ruba un microfono incustodito
e sfiata senza remora (immaginiamo per un attimo lo Stratos
di Metrodora che impreca: Brutta maiala / Tu vai alla Scala / O faccia
a culo d'un pagliaccino/ Speriamo tu ti tronchi i denti sullo scalino).
L'obbiettivo è, nel confronto tra i vecchi maestri e i nuovi
allievi, mediare tra struttura canzone e improvvisazione, spinte centrifughe
e centripete, con forti strattoni da un'estremo all'altro,
non lasciando nemmeno loro nulla nel piatto. Si tratta, appunto, di mediare
e perciò, a differenza della convivenza incurante di Snowdonia,
nella Burp il passaggio è consapevole e, per questo, più
travagliato.
In attesa che vengano alla luce le registrazioni degli incontri di improvvisazione
a nome Colonial Recordings - le colonie, ricordiamo quanto
scritto in apertura sulla periferia dell'impero - per ora, nel marasma
di formazioni molto aperte, i personaggi principali di questa vicenda
portano i nomi improbabili di Roberta WJ Meatball, Mat
Pogo e Nicotina.
Da un lato ci sono i Jealousy Party, che, se nelle registrazioni
individuali finora segnano un livello di inascoltabilità epocale
(un procedere lentissimo, i resti di un gruppo di improvvisatori sotto
i colpi di una mazza ferrata, un lumacone, di cui più che il suono
rimane la sua scia assordante: ascoltare per credere i nastri Now
e Live At Pilone), nei brani sparsi sulle compilation di Snowdonia
e su MAO presentano invece, nel contenimento' dei minutaggi,
un'interessante e primitivo connubio tra percussività (della
Meatball e di varie macchinette), voce (quella di Mat
Pogo e Ricci) e fiati (Jacopo Andreini,
Ricci). Sentiremo...
Dall'altro lato, primi frutti concreti e "ufficiali',
ci sono i due recentissimi 10' che inaugurano la collana Il
Canzoniere Muscolato. I complessivi tre quarti d'ora abbondanti
cominciano a disegnare alcuni lineamenti in questa nebulosa.
Il primo è People Destiny People di Mat Pogo &
Box Of Surprises. Accompagnato da sette improvvisatori (tra cui
gli immancabili Ricci, Meatball e Nicotina),
quello di Pogo è un canto pieno e alticcio, che
a volte marcia a tempo beatlesiano (I'm Leaving, In my heart),
abbaia in attacchi rumoristi no wave (Friendly Pride), raglia
e nitrisce in numeri da cabaret lisergico (Suspicion) si sdoppia
e si alterna in falsetto in Cow's People revenge, quasi
beefheartiana (ma per davvero). Spesso in apparenza leggero leggero, stupisce
invece per l'orchestrazione degli strumenti e della voce, tipica
del free anni '60, per come i fiati e i due bassi riescano a rendere variabile
e profonda la scrittura a volte anche con minimi ma incisivi insetti in
un preciso quanto spiazzante punto dello spazio d'ascolto.
Complementare è il secondo 10", di Nicotina.
The Tower Of Ping Pong in quasi mezz'ora illustra gli studi
sulla casual guitar, un metodo, parole sue, "che corteggia le
zone di ignoranza nella coscienza dell'autore". Un set
di quattro chitarre - lo accompagnano Dr. Kick, Fred
Zonker e Sanna - e fiati per azzardi più
rock e, al contempo, più sghembi, che solo in un caso si stabilizzano
in canzone (Wabbits). Il percorso di Nicotina
potrebbe essere lo stesso dei primi Gastr del Sol. Solo
che nel sostrato, al posto di Fahey, c'è,
anche fisicamente, Eugenio Sanna e il gemito dello scottano
ancora vivo. Perché è questa la direzione che ha preso la
Burp: un allargamento dei confini del rock, consapevoli di vivere in una
sua colonia, ma soprattutto interpellando e prendendosi vicino i padri
più prossimi. E che padri... (Voto: 7 a entrambi, anche se, mi
pare di capire, il meglio deve ancora arrivare)
Contatti:
Burp Sonic lnventions: Via Guelfa 5 - 50129 Firenze
Bz Bz Ueu, Nando Meet Corrosion: le parallele convergenti
Ta-Dah. Degni compari dei Gi-Napajo, i Bz Bz
Ueu non ne condividono l'aspetto scontroso, tutt'altro.
Meno meditabondi, più veloci e potenti, con un sax e una tromba
a tutto fiato sui dissesti che vanno a finire spesso a passo di valzer,
starebbero bene, più che nelle praterie malsane dei loro cugini
veneti, sotto il tendone di un circo. Hanno pubblicato finora, su A La
Coque, un ep omonimo di sei pezzi e un paio di split rispettivamente con
i No e God Is My Co-pilot - per inciso,
l'accostamento, in quest'ultimo, con il brano hassidico rivisto
dal gruppo newyorkese è spiazzante.
I toscani Nando Meet Corrosion invece, pubblicarono un
cd più o meno in contemporanea all'EP dei Bz Bz Ueu
(era il '95). Pellow ci presenta un trio hardcore con delle
perversioni per la bossanova (Marsala Florio, Tognazzi,
strani boogie-reggae (Berlin), la "chanson" a schema
libero inframezzate da brani ferocissimi - il grindcore Mud,
Kamchatka, il noise estremo in Devastin' Miranda
- con crescendo e break accompagnati da iperboli vocali collettive da
far ricordare Boredoms...
Queste due formazioni che condividono l'attitudine, seppur non poco
adombrata nei Nando, per lo sberleffo e il divertimento fracassone, si
mescolano poi in bizzarre e deliranti improvvisazioni dal nome Bz
Bz Meet Corrosion, vicine ai Trumans Water più
in vena di spaccar le orecchie. Proprio con costoro, e con la costola
di costoro, i Soul Junk, i Nando sono
in stretto contatto ed hanno registrato una session che verrà pubblicata
a nome Trumans' Soul Corrosion...
Punto d'incontro tra Bz Bz Ueu e Nando
Meet Corrosion è la presenza di Jacopo Andreini,
sax nei primi e batterista nei secondi. Titolare della Frigorifero, una
piccola tape-label molto vicina alla Burp, con cui condivide il progetto
delle Colonial Recordings, e di una casa editrice clandestina,
la Ass CuIt Press, Andreini è il personaggio più
oblicuo della ricottina wave" e, per questo, il più imprendibile:
ha suonato nel cd assieme ai Maisie, è stabilmente
nei Jealousy Party e oltre a Nando e
Bz Bz Ueu ha in cantiere un fottìo di gruppi.
Proprio di questi tempi capita di avere in mano un suo cd in cui si fa
chiamare Dj Faccia Di Merda (Frigorifero). News From
The Third World è un blob di rifiuti mediatici e improvvisazioni
assimilabile ai Margini di riciclo di Stefano Giust,
seppur colpendo più basso nelle frequenze e nell'orgoglio.
Una sorta di colonna sonora infame, e se alcuni campionamenti faranno
storcere il naso perché logori - le radiomarie, gli abbiamo pazientato
quarant'anni - News From The Third World è un'operazione
volutamente di basso profilo e in questo caso raggiunge esattamente quanto
si prefigge: il vomito sonoro. D'altra parte, con Louis
Ferdinand Celine in copertina... In attesa del nuovo cd dei Nando,
nel box c'è il suo esordio solista su Snowdonia.
Contatti:
Frigorifero prod. do Jacopo Andreini PO Box 427 51100 Pistoia
Bz Bz Ueu Pino Montecalvo Via Gaeta 6 70045 Torre A Mare (BA)
Il punto e virgola della situazione
E in questo articolo abbiamo visto solo alcuni nomi... e con ogni probabilità
nei prossimi mesi ne spunteranno altri.., quel che è certo è
che, con il passaggio della Snowdonia a vera e propria etichetta - e le
uscite di qui al 2001 saranno addirittura due al mese... - il materiale
si 'regolarizzerà' maggiormente e si metterà
un pò d'ordine in questo caos pressoché assoluto. Intanto
la Burp compirà il suo corso, parallelo e, ancora una volta, convergente.
Tutto può accadere, fortunatamente.
Per chi si avvicina con cautela a questi mostri (non figli di dio...)'
ovviamente c'è bisogno di un appiglio, tanto per cominciare.
Diciamo che una delle compilation snowdoniane e MAO sono il punto di partenza
ideale per avere una prima impressione generale. Per chi è invece
affamato fin da subito di opere individuali, consiglio questi sei dischi:
MAISIE Maisie And The lncredible Strange Choir Of Paracuwaii
(Snowdonia)
STEFANO GIUST Ripercuotere (Setola Di Maiale)
PIUME E SANGUE Piume e Sangue presenta il Duo Portugal
(Hax/Lunhare)
MONOPHON Monophon (Spare Parts/Snowdonia)
EUGENIO SANNA Le sette premonizioni ortofrutticole (Burp
Sonic Inventions)
BZ BZ UEU Bz Bz Ueu (EI Borracho)
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