Masoko "Bubu'7te"

I Masoko sono una bella realtà emergente, c’è poco da dire. In Italia hanno aperto i concerti di Kaiser Chiefs, Art Brut e i nostrani Vasco Rossi e Max Gazzè, hanno girato l’Italia e hanno fatto un mucchio di gavetta on the road indispensabile per maturare un proprio sound e un proprio modo di stare sul palco (retto peraltro benissimo). Dal 1999 al 2005 hanno prodotto diverso materiale, ottenuto lodevoli recensioni con “NoTanga” e raccolto pareri positivi tra gli addetti ai lavori nel corso di diversi concorsi nazionali; il disco d’esordio “Bubù7te” è perfetto per un party e non delude le aspettative essendo in perfetta linea con il modo di essere dei Masoko. Testi sarcastici e diretti, semplici e ironici se non addirittura schizoidi e a volte geniali: i Masoko hanno la capacità di arrivare ai concetti in modo molto semplice, senza troppi giri di parole (in compenso i giri di basso abbondano). Questo esordio contiene undici tracce (più una ghost track molto simpatica) che sono un concentrato di energia post punk e sonorità new wave; un’attitudine punk che viene temperata da un gusto pop e un suono che in Inghilterra va per la maggiore (anche se il gruppo è attivo già da prima che esplodesse gente come Art Brut, Rakes e Interpol). Quello dei Masoko è uno psycho-pop confezionato molto bene, fatto di chitarre ora grezze e serrate ora profonde e lancinanti, un basso che lavora instancabilmente assieme a una batteria nervosa che non cede un colpo. Ascoltando in modo superficiale Bubù7te si avvertono suoni e richiami dei gruppi prima citati ma a un ascolto più attento si avvertono echi di gruppi storici come Sound e Gang Of Four. Le influenze e le ispirazioni vengono comunque assorbite e rielaborate in un modello proprio che mostra già adesso di avere una solida e chiara identità, rendendo l’esordio dei Masoko qualcosa di assolutamente interessante. Un disco che è confezionato in modo tale da essere portato anche al di fuori dell’Italia grazie a quella unione di rabbia punk, sonorità e ritmi pseudo ballabili e gusto pop: il sound è omogeneo così come le canzoni solide e ben strutturate, con interessanti momenti strumentali che si arricchiscono di echi, suoni e velleità sperimentali. La voce di Davide De Leonardis arriva chiara, stridula, ammiccante e provocatoria mentre la batteria di Simone Ciarocchi non si ferma mai, fa salire i pezzi per poi farli scendere e poi ancora risalire verso pattern danzerecci molto efficaci; il basso di Ivana Calò (molto brava) costruisce percorsi variegati che sostengono le ritmiche secche e serrate della chitarra di Alessandro La Padula, molto ispirato nel ricreare certe sonorità e certi riff dal sapore retrò. Il sarcasmo del testo di “Alfonso” è tagliente almeno quanto i riff di chitarra e la costruzione armonica, mentre gli accostamenti fatti in “Comfort” sono geniali quanto la tautologia della strofa; “Prima Colazione” è invece molto diretta e solida, dotata di una melodia ficcante che si rivela molto efficace. La parte centrale del disco, quella con “Cool” e “Disconite” è forse la migliore: la prima rivela un testo ironico e schizzato, oltre un momento strumentale e sperimentale che nei live viene allungato di molto, mentre la seconda descrive l’ebbrezza delle serate in discoteca e delle interminabili contrattazioni che si verificano all’ingresso per entrare. I Masoko descrivono situazioni comuni
(o pseudo comuni) con energia e al tempo stesso semplicità: le melodie ci sono, il ritmo pure, un sound definito e l’ironia fanno il resto. Questo disco d’esordio fa un’ottima figura e, considerando che l’impatto live il gruppo ce l’ha eccome, non possiamo fare altro che stare a vedere dove arriveranno i Masoko. Noi un’idea ce l’abbiamo.

Stefano De Stefano - Xtm


Il punto è questo: i Masoko ci sanno fare. Nato a Roma e attivo dal '99 con il nome di Masoko Tanga (tre anni dopo diventerà semplicemente Masoko), il gruppo, approdato in casa La Fauci/Scotti (Snowdonia Records), pubblica il tanto atteso esordio discografico (una breve, seppure efficace, apparizione nel 2005 con un brano, “La Compagnia”, presente nella compilation “Lo Zecchino d'Oro dell'Underground”), “Bubu'7te”, l'esordio che spiazza, l'esordio che, a conti fatti, non ti saresti mai immaginato. Con una formazione tipo (voce, basso, chitarra, batteria), il quartetto romano gira tutta l'Italia ricevendo importanti, rilevanti premi
(nel 2005 si classifica primo al concorso Today I'm Rock e vince le selezioni di Arezzo Wave Festival) che consolidano, sempre più, quel nome così underground. Avvolti da una nera, elegante e sgualcita, giacca e soffocati da striminziti pantaloni, i Masoko sono, senza alcun'ombra di dubbio, fottutamente chic, fastidiosamente saccenti, terribilmente presuntuosi, irritanti, strafottenti e “socialmente inutili”. “Bubu'7te” è un album pop, un album che vomita tutta l'acida ironia (“ …ho dei progetti in testa, per esempio una rivoluzione comincerei adesso ma non ho fatto ancora colazione… ”) di un quartetto già pop-star, troppo cool (“…sono molto più cool di te, non chiedermi il perché, non ti dirò il perché… ”). “Bubu'7te” è post-punk velocissimo (vengono alla mente i primi Wire e i primi Gang Of Four, vengono alla mente i primi Gogogo Airheart e gli attualissimi Art Brut), è l'ironia di Colin Newman. “Bubu'7te” è la chitarra velocissima d'Alessandro La Padula, quella chitarra tagliente che frulla, macina ritmi incalzanti, “Bubu'7te” è la batteria “secca” di Simone Ciarocchi, il basso “gommoso” di Ivana Calò, l'irriverente voce di Davide De Leonardis. Undici brani (escludendo la “spagnola” ghost-track) per quarantacinque minuti di puro delirio italiano, quarantacinque minuti di new wave, quarantacinque minuti di pop. “Bubu'7te” è il delizioso, pregevole, debutto dei Masoko, la consacrazione di una realtà del nostro panorama musicale. Lode alla famiglia Snowdonia, lode a chi continua a sorprendere. Lode a chi ha saputo fiutare il talento di questo giovane quartetto laziale. Ora spengo lo stereo, apro la doccia, chiudo le labbra a cuoricino e comincio a fischiettare quei maledetti brani dei Masoko. Poi Chiudo la doccia, continuo a fischiettare.

Francesco Diodati - Rockon

Primo album per i romani Masoko. Dopo anni di dura gavetta sui palchi di mezza Italia, i Masoko approdano in casa Snowdonia dall'eccentrica messinese Cinzia La Fauci. "Bubu'7te" rappresenta al meglio la straordinaria alchimia sonora del quartetto. Qualcosa che in Italia non si era ancora sentito, ma più in generale un prodotto originale tout court .

Negli ultimi anni sono nati come funghi, e un po' ovunque, gruppi che si sono ispirati alle sonorità e all'estetica musicale del periodo a cavallo tra i '70 e gli '80. Ma se al principio questo revival è stato fatto anche con una certa dose di originalità, o per lo meno di spontaneità, e quindi può essere visto anche come un fenomeno interessante - mi riferisco al primo album degli Strokes, al sound penetrante degli Interpol, ai suoni funkeggianti dei Franz Ferdinand o di El guapo -, in un secondo momento si è assistito all'esplosione di una miriade di gruppi cloni che si sono rifatti più ai discepoli della wave, che ai padri fondatori (Cure, Joy Division, Gang of Four, Devo, Television, Smiths, Velvet Underground,…). I Masoko, pur rifacendosi alla new wave a 360°, non sono certamente "wavaroli" dell'ultima ora, esistendo da ben prima di questo fenomeno: il loro rifarsi a certe sonorità, peraltro variegatissime, è condotto con una sincerità e un'abilità disarmanti. Già il fatto di cantare in italiano è emblematico del fatto di non voler imitare nessuno. E' lampante l'influenza dei primi Cure, delle sonorità post-punk, dei Police (d'altronde anche il nome Masoko deriva da una b-side dei Police, "Masoko tanga"), dei Devo, del punk (sia britannico che americano), ma anche dei Blur e addirittura dei Mano Negra. E i Masoko hanno masticato anche molta musica italiana: sostengono di esser stati influenzati da Gaznevada, Decibel o Righeira, io ci aggiungerei anche Camerini e i primi Prozac+. L'album scorre benissimo, gli episodi più riusciti sono senz'altro "Ferrari", "Prima colazione", "Cool" e "Disconite". In molte canzoni di "Bubu'7te" sono presenti coinvolgenti aperture/suite strumentali, come in "Cool" o nella dub-eggiante "Buonamico", dove la fanno da padrone l'incalzante basso di Ivana, la batteria insistente ed efficace di Simone, la chitarra sghemba ed effettata del geniale Alessandro e le tastierine (sempre presenti in tutto il disco) suonate da Davide. Anche i testi taglienti ed ironici di Davide meritano una menzione. In molti frangenti sono tanto autoreferenziali che il ricorrente confronto "me-te" tipico di una certa noiosa canzone sdolcinata italiana e straniera, diventa invece particolarissimo; il rapporto io-tu si imbatte in delle situazioni difficili, minimali e surreali allo stesso tempo, ma anche paradossalmente molto divertenti. In "Comfort", per non pensare alla ragazza, Davide le dice provocatoriamente:" …ho tutti i miei comfort per essere felice,…per non pensare più a te: vasca ad idromassaggio, freezer con il ghiaccio, momenti visionari, strumenti musicali, aria condizionata, l'erba e l'insalata, un porno da finire, un altro da iniziare… ". In "Prima colazione" invece Davide si confronta con la ragazza dopo un'estate passata ognuno per conto suo: " Ma se ti dico me ne vado via, non chiamare la polizia, non ho tempo per la prigione; Ho dei progetti, intesso sì, per esempio una rivoluzione, comincerei adesso, ma, non ho fatto ancora colazione… ".
Fin qui tutti giudizi positivi. La formula infatti regge molto bene. Ciò che alla lunga potrebbe stancare del progetto Masoko è una certa ripetitività di ritmiche e suoni (che però è anche oramai un loro marchio di fabbrica), ma soprattutto lo spirito sarcastico e dissacratorio, presente sempre nei loro testi, che a mio avviso rischia di renderli un po' stucchevoli, e perché no, antipaticamente snob.
Pazzesca e spiazzante la traccia nascosta, dopo un'attesa di diversi minuti. Ma proprio perché nascosta dovete scoprirla per conto vostro dopo l'acquisto del cd.

Michele - Indiepop

Debuttano per i tipi di Snowdonia i Masoko, ex-Masoko Tanga (se questa ragione sociale vi fa venire in mente un certo trio di qualche anno fa, sappiate che non è certo un caso). Detto quindi che la copertina (trucida e sbeffeggiante come non mai) farà la gioia di ogni appassionato di estetica e manufatti dell'etichetta siciliana, c'è da fare i conti con questi undici pezzi all'insegna di un indie-pop brusco, tirato all'osso, beffardo fino al disincanto, pervaso di fibra wave come un tempo se ne triturava a iosa nei locali meno raccomandabili di New York e Albione. Senza scordare l'inevitabile e strisciante imprinting italico, pescato vieppiù dal fertile pozzo post-freak dei Settanta. A momenti cioè sembra di sentire una copula stringente tra i Police (visto che non era un caso?) più tesi e il Dalla dei bei tempi (si prendano le sciroccatate impertinenza di Cool , ma anche i crogioli Synchronicity di Costretto), altrove è palpabile il retaggio nevrotico dei Talking Heads (il complesso di colpa esistenzial/compulsivo messo in scena & in croce con Scusa), più generalmente si rasenta l'ispido nonsense di certi Skiantos senza però mai raggiungere il point of no return della demenzialità (lo sbracato quadretto drag/trans di Alfonso, l'ironica desolazione di Comfort). Nel rispetto insomma di quel disarmo esistenziale che cova sotto la secca quadratura di voce-basso-chitarra-batteria, che in Prima colazione fa cantare al bravo De Leonardis “ho dei progetti in testa, sì/per esempio una rivoluzione/comincerei adesso ma/non ho ancora fatto colazione”.

Detto ciò, occorre puntualizzare che questo disco vola ad altezza d'uomo, non è roba pretestuosa né preterintenzionalmente alternativa. Scommetto, anzi, che ai Masoko non spiacerebbe stuzzicare qualche orecchio abituato a chincaglierie da megastore. Perché è pop, in fondo, quello che fanno. Pop che trascina e inchioda, diverte e scombussola, stuzzica e stupisce. Pop sostanzioso, che ci sta dentro dalla testa ai piedi, il dentro strappato fuori perché non ti meriti di meno e di meglio dal tuo stereo a palla. Insomma, è un pianeta infestato di cazzoni, c'è sempre un Lunapop in agguato dietro la manopola del tuning, ma c'è modo e modo, e il modo dei Masoko sembra un bel modo. Che con Buonamico sceglie di finire tra sfrigolio videogame, brume spaziali, caligini dub, un ritornello parossistico come il Battisti di Se la mia pelle vuoi e febbrili percussioni Talking Heads. Quasi a dire: guarda un po' che roba. (7)

Stefano Solventi - SentireAscoltare


Debutto ufficiale per i romani Masoko. Dal '99 ad oggi tantissimi concerti e varie autoproduzioni promettenti, tra cui l'ottimo “Notanga”. I quattro guardano alla wave nervosa (quando non proprio schizoide) di Talking Heads (dai quali mutuano anche l'attitudine “arty” poco seriosa e mai troppo snob) Gang of four, Polyrock, Sound, ma anche -in tempi recenti- Art Brut (cui i nostri hanno avuto l'onere di fare da opening act). Un immaginario sintetizzato dal casermone in copertina da cui sbucano Donna Summer e Britney Spears versione zombie: storielle suburbane raccontate per assurdità nonsense; discoteche, storie brevi, l'ennesimo stupido party, “un porno da finire e un altro da iniziare”, etc. Nel lotto: “Cool”, “Alfonso”, (canzoncina punk su un transessuale) “Comfort” (la cosa più vicina a un hit single che abbiano mai fatto) e una vecchia chicca,“Prima colazione” tirata a lucido (intro praticamente Strokes). Riffs di chitarra tesi ed essenziali rincorrono le geometrie di una formidabile sezione ritmica frullando discodance, funky danzereccio, pop anni '80 (colto e nazionalpopolare). Simone è una scheggia e picchia sui tamburi con stile fantasioso ed energico, trovando un partner perfetto nel basso dinamico ed incessante della bella Ivana , Davide è nevrotico e sprezzante, e Alessandro si conferma come uno dei nostri chitarristi più inventivi, senza strafare mai. Spruzzate di elettronica vintage e attitudine punkeggiante che esplode nei trascinanti live in giacche e cravattine. Da non perdere il 31 marzo allo Zenzero di Bari e/o il 1 aprile all'Istanbul di Squinzano.

Antonio Olivieri - Coolclub

Romani, nascono nel 1999 come Masoko Tanga e nel 2002 accorciano il nome, forse per piacersi un pizzico di più: perché è bello giocare con la new wave senza sfruttarne l'effetto modaiolo e non è nemmeno male sbizzarrirsi in un pop che strizza l'occhio al punk per poi prenderne solo l'attitudine. La potenzialità, in breve, è quella di creare una bevanda coloratissima con un gusto particolare. E figurarsi se a Snowdonia una roba del genere poteva non interessare.

Così arriva “Bubù7te” e non sai se restarci male o bene. Il liquido va giù che è un piacere, ma forse scende troppo in fretta. Il post punk è sculettante e restio a qualsiasi approccio troppo cerebrale, i fantasmini dei Cure ogni tanto fanno stropicciare gli occhi (e le orecchie), ma è questione di un attimo, perché dopo l'alcool sonoro scorre a fiumi e preferisci salire, con sguardo ironico, su una Ferrari per illuminare il mondo coi fanali . Nel frattempo i ragazzacci dimostrano anche di saper arrangiare i brani, sfruttando una nevrosi sorridente difficile da non apprezzare. Ed alla fine il problema non è quella (piacevole) sensazione di effimero delirio che pervade l'album, quanto una ripetitività straniante in una proposta che di catalogabile dovrebbe avere ben poco. Il drink è stato presentato bene, ma il sapore non cambia come i colori.

Quanto i Masoko siano effettivamente cool lo scopriremo in futuro, per oggi ci accontentiamo di sapere che potrebbero esserlo.

Marco Delsoldato - Kronic

È raro trovare una band che al suo esordio metta già in mostra idee chiare e precise. Raro ma non impossibile, come si può capire ascoltando “Bubu7te”, prima fatica discografica dei Masoko. Il quartetto romano, attivo ormai da qualche anno (si sono formati nel '99 come Masoko Tanga e nel 2002 hanno accorciato il nome in Masoko), si è messo in luce nel 2004 e nel 2005, grazie a numerose “aperture” di concerti per band come Art Brut, Kaiser Chiefs, Bugo e Yuppie Flu. Inoltre l'anno scorso hanno vinto le selezioni di Arezzo Wave e hanno suonato all'Heineken Jamming Festival Contest. Ora è arrivato il momento del disco d'esordio, pubblicato da Snowdonia e distribuito dalla Audioglobe. “Bubu7te” è un album che colpisce al primo ascolto. Undici brani in bilico tra new wave, post punk, per arrivare a quell'impasto sonoro che i Masoko stessi amano chiamare nervous-pop. Si potrebbe dire che siano i Franz Ferdinand italiani, ma forse si sarebbe quantomeno inesatti, visto che la band romana ha questa attitudine sonora da molto tempo prima della comparsa di Kapranos e compagni. In realtà il disco dà risalto al suono spigoloso delle chitarre ma il tutto rimane sempre sui binari del pop, nel senso nobile del termine. I pezzi sono tutti delle novità per i fans della prima ora. Solo “Prima Colazione” è un pezzo rielaborato da una demo di qualche anno fa. Ma episodi concitati come “Alfonso”, “Disconite”, “Costretto”, “Cool” o la conclusiva “Buonamico” sono autentiche perle. Davide De Leonardis (voce) Alessandro La Padula (chitarra) Simone Ciarocchi (batteria) e Ivana Calò (basso) hanno fatto centro al primo colpo.

Francesco Melis - Nuova Sardegna

"Nati a Roma con il nome di Masoko Tanga nel 1999 e attivi come Masoko dal 2002, tra il 2003 e il 2005 aprono i concerti di Kaiser Chiefs, Art Brut [...]" e blablabla. Eh già, le solite note stampa. Poi, però, l'occhio mi cade sul secondo album degli Elettrojoyce, quello rosso, qui alla mia sinistra. Lo apro e come per magia salta fuori un flyer: "Sabato 9 Ottobre 1999, CSA La Torre, dalle 21.00 nel parco concerto con Masoko Tanga, a seguire Elettrojoyce". Quel flyer l'avevo conservato come ricordo di una bella serata: il mio primo concerto degli Elettrojoyce. Addirittura? Beh, se non conoscete gli Elettrojoyce e se non avete mai ascoltato "Balena" e "Aliante" non potete capire, ma fa nulla: quello che importa è che di quella serata ricordo solo il concerto degli Elettrojoyce e l'umidità che si poteva tagliare con un grissino, come il tonno. Del concerto degli allora Masoko Tanga non ricordo nulla: immagino non mi abbiano colpito un granché, sicuramente molto meno di quanto abbiano fatto adesso con questo loro debutto ufficiale "Bubu'7te" uscito per la Snowdonia. Come dire, prima freccia scoccata e primo bersaglio centrato in pieno: cento punti ai Masoko perchè sanno piacere, perchè sono belli, giovani, schietti, tosti e veraci come solo i romani sanno essere, perchè piace il loro approccio genuino e il loro college-rock cantato in italiano, infarcito di new wave e di anni '80, senza disdegnare qualche puntata nel garage-surf come in "Cool". I testi sono diretti, immediati, semplici e ogni tanto scanzonati, quasi strafottenti. I suoni sono ben definiti, le ritmiche serrate, le chitarre ruvide al punto giusto, ma sempre piene di melodia. In altre parole, attitudine quasi punk e melodie pop: energia e schiettezza da vendere. Ad ascoltarli bene vengono in mente i Tre Allegri Ragazzi Morti, ma senza voler togliere nulla a Toffolo e soci, oggi i friulani pagherebbero oro per avere un quarto della freschezza dei Masoko, che si sono fiondati in corsia di sorpasso. E se loro sorpassano, io zompetto a casa come un cretino ascoltando "Prima colazione", vera chicca di questo album, pezzo che ricorda tanto gli Interpol e un po' i Baustelle di "Gomma". Sarà che è sempre Settembre, sarà che dalle vacanze estive si ritorna sempre con tanti buoni propositi che puntualmente vanno a farsi benedire: "Ho dei progetti in testa, si, per esempio una rivoluzione: comincerei adesso, ma non ho fatto ancora colazione". E allora tanto vale continuare a zompettare e a muovere la testa a tempo sulle varie "Ferrari", "Comfort", "Cool", "Costretto": adorabili inni generazionali, sarcastici e un po' ruffiani, potenzialmente adatti anche ad un pubblico mainstream.

Il bello di queste canzonette dei Masoko è che si incollano alla pelle come magliette sudate a Ferragosto. Sia chiaro, qualche pezzo da scartare c'è, ma quando l'approccio è così pulito, vero, genuino, un occhio lo si chiude con piacere.
Per quanto mi riguarda, non mi stupirei se il loro prossimo album dovesse uscire per una major: si accettano scommesse. Io intanto torno a drogarmi con "Prima colazione": qualcuno sostiene che contenga un messaggio registrato al contrario che invogli all'acquisto dei prodotti del Mulino Bianco. Devo iniziare a preoccuparmi. (3,5/5)

Thomas Paulo Odry - Musicboom

Visto che Alessandro La Padula m'ha dato il cd ieri al concerto, serata indimenticabile specialmente per chi non c'era, ne approfitto per buttare giù due righe sull'ormai celebre “BuBu'7te”. Tanto è stato scritto e può scriversi sul nuovo albo dei Masoko: un compendio di ascolti new wave , post punk, funk punk, 80's pop, ping pong, ginseng . Si vabbè, ma che musica fanno? Come canta Davide fuori metrica in “Costretto”: “tu co'nnoi leghi non's'capisc perché”, che è una vera è propria dichiarazione d'intenti. Pezzi corroborati alla maniera degli Interpol, poi s'incontrano effettivamente Gang Of Four, Denovo, Righeira, Franz Ferdinand e pure un po' di Pigbag in “Solo Tu” e nei campanacci di “Cool”. “Ferrari” ha aperture à la Sound di “Jeopardy” per via di una solenne figura di tastiera. I Db's non sono una brutta analogia, metto mano ai miei archivi e vado a risentirmi “Stand For Decibels”: può essere l'anello mancante. Che dire dei felici arrangiamenti e della logica perversa dei testi: non era un po' l'operazione degli XTC? Vero è che spesso qualcosa di tetragono e melanconico fa da contrasto all'andatura briosa dei brani, mi avevano detto che i Masoko erano diventati un po' più orecchiabili e invece io li trovo più dark: la spensieratezza degli esordi ha ceduto il passo a un poco d'inquietudine o languore che però ha il suo porco fascino, soprattutto ragionando intorno al fatto che il lavoro sporco lo fanno le tastieracce Casio. Mi trovo spiazzato dal finale a sorpresa della traccia fantasma, folle brano a base di massimalismo ispanico attraversato da una vocetta che con imbarazzo ravviso appartenere ad alcuno che ho conosciuto quando ancora stava bene. Nel crogiuolo d'influenze vincono le personalità dei suonatori e la somma (che fa il totale secondo un teorema irrefutabile) delle stesse. La copertina è puro stile Snowdonia e ci ha messo tutti d'accordo.

VonoBox - Love-less

I Masoko, innanzitutto, bisogna sentirli e vederli dal vivo per apprezzarli appieno: gli incravattati e scatenati Davide De Leonardis alla voce - nei “live” maneggia anche una piccola tastiera - e Alessandro La Padula alla chitarra ed ai cori sono isterici nel modo prescritto dalla foga “no-wave”, ma con ironia tutta capitolina (questo li salva dall'effetto parodia, tipo Interpol o Bloc Party ). La sezione ritmica poi è spettacolare, oltre che nervosa e onnipresente come di prammatica: Ivana Calò, la bassista, è impenetrabile ed ineffabile mentre Simone Ciarocchi alla batteria si dimena in un ritmo perpetuo, sostenuto. L'impatto sonoro e visivo è assicurato; come il divertimento di chi ascolta e guarda.
In “Bubù'7te” sono racchiusi undici brani più una traccia fantasma finto-iberica: tutti potenziali inni da cantare e ballare, anche se la registrazione non rende sempre piena giustizia alla carica del gruppo (non che sia sciatto o poco calibrato il lavoro di missaggio e produzione; piuttosto troppo “distaccato” e professionale). Inizia Alfonso , storia ironico/seria di un travestito gestita in fretta, alla Franz Ferdinand ; mentre Ferrari illustra un'ossessione frequente del CD - quella dell'essere adeguati, del “fare colpo”, che permea anche Cool - con delle folate di tastiere New Order . In generale, i
Masoko paiono dei Prozac+ intelligenti, che al pop-punk dei Buzzcocks e alle pastiglie antepongono certi, ritmici, primi anni Ottanta: ma il senso del ritornello appiccicoso è lo stesso ( Comfort e Prima colazione e Snob). I cori si susseguono senza posa (la sopraccitata Cool, oppure Disconite dove si sente che i quattro romani non disdegnano la discoteca e la “disco”), il ritmo è sempre elevato (Costretto e Scusa); i Masoko , d'altronde, non rifuggono neanche la “caciara” da osteria, meglio, da pub (Solo tu). Buonamico mixa il “dub bianco” dei Police, soprattutto, con contorsioni Talking Heads per un bel brano da CBGB's.
Una nota di merito all'allestimento “italo-zombie” - tipo Lucio Fulci o Umberto Lenzi - dell'aspetto grafico di “Bubù'7te”: ormai l'impaginazione dei Maisie è una garanzia. (3,5/5)

Marco Fiori - Kathodik

Dopo una lunga gavetta dal vivo i Masoko (il cui nome viene dalla canzone che chiudeva il primo disco dei Police) approdano con Bubu'7te ad un esordio tirato e convincente. La loro musica - sempre a sorreggere testi fortemente sarcastici e beffardi - sintetizza diverse influenze, che vanno dal nervoso incedere
punk-funk alle atmosfere vulcanizzate della prima new-wave (anche italiana), con le chitarre in primo piano, ma anche il solido basso suonato da Ivana Calò e adorabili incursioni di tastierine.

Ci sono canzoni che colpiscono dritte al cuore
(”Ferrari” ad esempio, ma anche l'amaro confronto di “Confort” o lo sberleffo di “Cool”) e altre che invece scontano leggermente una certa uniformità espressiva. D'altronde la strada scelta dal gruppo romano è sincera e schietta e non può nascondersi dietro trucchi: la loro musica funziona propria nell'immediatezza [e quindi nei frangenti meno convincenti lo si comprende subito] ed è un pregio non facile da gestire. Un gruppo ricco di spunti interessanti, che rischia di farvi canticchiare improvvidamente cose tipo “ sono molto più cool di te, non chiedermi il perché! “. Rischio da correre!

Enrico Bettinello - Allaboutjazz


Masoko Tanga nel 1999 e Masoko dal 2002, Davide De Leonardis (voce), Alessandro La Padula (chitarra), Simone Ciarocchi (batteria) e Ivana Calò (basso) sono la nuova creatura partorita da quel pozzo di eccentricità che è la Snowdonia, ormai punta di diamante di un certo modo di intendere e fare rock in Italia. La copertina, uno spaccato horror-metropolitano-sexy, nasconde tre quarti ora d'ora di "popnervouswave", miscela semiseria di melodie zigzaganti e testi appiccicosi, caramellati, sbruffoni e schietti.

Non un lavoro completamente riuscito, niente di particolarmente memorabile, ma in questo "Bubù7te" la band romana dimostra di avere una buona dose di talento e, molto probabilmente, se sarà capace di smussare gli angoli, tirando fuori gli attributi senza pudore, magari ci scapperà qualche perla, qualche applauso sincero.

Per il momento, non lo nego, c'è già qualche brano in heavy rotation nel cervello. Mi è capitato di ascoltare il disco una prima volta in treno e, sapete com'è, la dinamica del paesaggio, il sole, l'incrociarsi di sguardi… sono tutte cose che trovano nell'indole scanzonata e beffarda di "Ferrari" (che prende il volo con un ritornello m-e-m-o-r-a-b-i-l-e: "Domani vengo a prenderti con la Ferrari/ce ne andremo via insieme, illuminando il mondo coi fanali"), tra i pensieri fissi di "Comfort" e gli scarrozzamenti emozionali di "Prima Colazione" una colonna sonora davvero impagabile, roba che il cuore mette su, in quattro e quattr'otto, un mega-party con birra e pupe e chi s'è visto, s'è visto! Niente "Snob", niente punkettini-zuccherini. Riescono poco convincenti se si mettono a suonare chitarre manco fossero giocattoli. Meglio quando masticano gomma trans-punk ("Alfonso"), o quando se la tirano senza dare troppe spiegazioni ("sono molto più cool di te, non chiedermi perché", canta Davide in "Cool").

In "Disconite", invece, giocano a fare pseudo-disco e laccato il punk-pop e, se in "Costretto" scodinzolano senza sosta su un tappeto post-punk, in "Scusa" l'elettricità alza il tiro, prima che "Solo Tu" dica, senza mezzi termini, come stanno le cose ("tu mi dai quello che non può darmi lei"), tirando tutto in caciara al richiamo di cori goliardici post-sbronza. Prima di abbassare le luci, tirare via l'immondizia e rimandare tutto a domani, beccatevi i tredici minuti e passa di "Buonamico", contesi tra una mini-jam psico-spacey , tutta lavorata fuori-bordo, e cartoline d'antan, tipo "i Righeira-erano-dei-gran-fichi", o roba del genere. Eh, si: dopo tutto, gli anni Ottanta ci mancano un pochetto.

Francesco Nunziata - Ondarock

Dedicato a chi ha meno di trent'anni o a chi i trenta li ha già passati ma nonostante la stempiatura e qualche capello grigio se ne sente addosso ancora quattordici, l'esordio discografico dei Masoko è una ventata d'aria fresca che ha il volto disteso di un liceale in procinto di godersi le sospirate vacanze estive. Undici brani spumeggianti il cui unico scopo è catturare il riff di chitarra più cool, vestirlo con una ritmica incalzante, decorarlo con coretti appiccicosi, accostarlo a testi che non siano le solite banalità tardo adolescenziali.
C'è da dire che i Masoko fanno i compiti con diligenza, regalando ai presenti scambi rapidi tra gli strumenti e brani ricchi d'energia, in una formula che sintetizza il punk melodico dei Buzzcocks, i prodromi ideologici del garage, l'approccio newyorkese degli Strokes e una passione incerta per reminiscenze melodiche anni '70. Insuperabile in questo senso la terna di Alfonso, Ferrari e Comfort posta in apertura di disco, vera e propria summa di uno stile che innalza i cambi di ritmo e i ritornelli bubble gum a primo comandamento, come del resto l'ironia di Cool, le slabbrature Hives di Scusa o le “stonature” pseudo-psych di Snob. Notevoli anche le liriche dei brani, impegnate a giocare tra slang giovanile e limature metriche necessarie, ganci destinati agli amanti del “pogo a tutti i costi” e coscienziosa ricerca di un livello qualitativo accettabile.
Unica pecca di un lavoro nel complesso buono, la tendenza a suonare alla lunga troppo uguale a se stesso. Una pippa da recensore che quelli che tra di voi aspettano con impazienza l'estate dopo nove mesi trascorsi sui banchi di scuola, non prenderanno minimamente in considerazione.

Fabrizio Zampighi - Lift

Discografici! Qui dentro ci sono due o tre brani che prodotti da gente furba mandavano a casa i Maximo Park, i Kaiser Chief, gli Art Brut. Pussa via. I Masoko hanno certe canzoni che gli inglesi se le sognano. E le suonano da tanti anni (1998), molto prima che ci volessero una cravatta e i movimenti a scatto per accalappiare bambine e fighetti. Ma come si fa a non innervosirsi ascoltando un disco che poteva essere un capolavoro e che invece è un progetto lasciato a metà. Registrato in sala prove da quattro scapestrati che si improvvisano autoproduttori con mezzi di fortuna e la presunzione tipica di noi romani. E per quanto il confine sia ormai labile e futile, questo è un demo, non un vero disco. Registrato e prodotto così così, con canzoni bellissime abbandonate nell'approssimazione. Batteria punk funk che fa stomp come un pallone supertele. Basso così sottile che lo puoi suonare in un tweeter. Voce e controcanti fiacchi. Ma soprattutto arrangiamenti monotoni e stanchevoli in un genere che ha bisogno del tiro. Non è colpa loro, ma che peccato. Dov'è la Mescal? E la V2? E Cecchetto? Daje su.
Compiuto lo sfogo, resta solo da applaudire Snowdonia per aver messo discograficamente al mondo i Masoko, probabilmente una delle indie-cose migliori sfornate dalla capitale negli ultimi anni (non che ce ne fossero poi troppe a dire il vero). Se qualcuno perde tempo e risorse ad accudirli, forse ha per le mani una band fenomenale. Perchè "Ferrari" poteva essere la "Vespa Special" dell'indierock. Ma è tutto il disco che è colmo di canzoni catchy e alla moda, nel senso migliore del termine, se esiste. Così, nel 2006, i Masoko si sono ritrovati ad essere commerciali senza averlo scelto. Da anni si ispirano a Joy Division e Gang of four, virandoli sul lato più pop e giocoso della faccenda.
Con quel gusto un po' sinestetico tra schizofrenia e melodia, innescato da un cantante che vocalizza in sinèresi e si esprime come un Camerini in versione Interpol od un Faust'O scanzonato in riva al Tevere. Sullo sfondo tante chitarre velocissime e geniali. Aspre e fastidiose sullo strofe, ma gustosamente melodiche sui ritornelli. Poi quella ritmica tunz-dance e la capacità di alternare momenti di rock cadenzato a nevrosi in stile libero, con testi surreali, snob e strampalati ma buoni anche per l'italiano medio.
Dalla stroboscopìa ballereccia di "Disconite" all'appiccicosità storto-melodica di "Comfort". Dal meraviglioso poprock schizzato di "Prima colazione", alla psichedelia fighetta di "Cool", fino all'incalzante new wave di "Costretto" o il singolaccio del travestito "Alfonso". Insomma, seppur mal riuscito, ripetitivo e talvolta stucchevole, "Bubu'7te" è un gioiello di idee e personalità. Punto di partenza per una band che dal vivo è pure un portento e che in un mondo migliore sarebbe famosa.


Acty - Rockit

Dopo la partecipazione con 2 singoli differenti alla compilation del Heineken jammin festival e a “lo zecchino d'oro dell'underground” i romani Masoko esordiscono sulla lunga di stanza con “bubù7te”. Dalla fremente scena capitolina, i Masoko formazione a 4 (voce, chitarra, basso, batteria) si distinguono per una proposta di “nervous-pop” molto fresca e rockeggiante che occhieggia alle ultime tendenze d'oltremanica (Kaiser Chiefs, Art Brut, Bloc Party) ma si lascia anche influenzare apertamente dalla new-wave più elementare e frizzante degli anni '80. L'Album è prova di canzoni complete e molto orecchiabili con ritornelli che diventano subito cult dopo 3 soli ascolti: in (Ferrari) “Domani vengo a prendereti con la ferrari. Ce ne andremo via insieme, illuminando il mondo coi fanali”, in (Cool) “Sono molto più cool di te. Non chiedermi perché. Molto molto più cool di te. Non ti dirò perché” e nella disco-punkettina di (Buonamico) “Un buon amico è un buon amico, mio migliore amico”. Tra le cose più valide ci sono le simpatiche liriche in italiano, tra il demenziale e l'ironico, che possono ricordare le atmosfere stralunate del Bugo quanto il poetico tocco della "mitica" scena elettropop monzese (Soerba, Bluvertigo). I Masoko si presentano come una band disposta a tutto pur di abbandonare le melmose e appiccicose lande del sottobosco italiano.

Marcello Consonni - Movimenta

La domanda che molti di noi si sono fatti negli ultimi anni è stata questa: quando finirà quel revival anni settanta/ottanta che vede ormai da anni alternarsi nei palchi bands come Strokes, Franz Ferdinand e cloni vari??? Non lo so, ma nel frattempo, la mia personale mission impossible è diventata una sorta di ricerca dell' ago d'oro nel pagliaio nelle copertine patinate e, caro il mio Tom Cruise per carità non me ne voglia, sono finalmente arrivato ad un punto apparentemente risolutivo. Il punto in questione si chiama Masoko. In realtà, questi romani, si erano già messi in evidenza nel passato suonando con artisti del calibro di Bugo e Xiu Xiu, ma solo ora il loro disco bussa a casa Tom Ronchini Cruise. Il titolo dell'album, Bubù7te e la copertina trash promettono molto bene e poi c'è sempre quel marchio nel retro, Snowdonia, per quanto mi riguarda, sempre sinonimo di qualità e destrezza sonora. Effettivamente, il sound che li caratterizza proviene diretto da quella scena che sopra citavo ma la giostra creata dai romani trasuda un originalità ed una spontaneità niente male, a partire dai ritmi di chitarra ripieni di stop e di riprese davvero interessanti per passare all'ironico cantato, il tutto sostenuto da ottimi incroci di basso batteria. Tutti i miei comfort, traccia numero tre, mi fa sprezzantemente sogghignare, come fosse uno dei tanti comfort che lo stesso Davide De Leonardis canta per stare meglio e non pensare “più a lei”. Diversi pezzi al primo ascolto sembrano voler strisciare nel classico calderone radiofonico. Sono chiaramente venuti alla luce per far muovere il culetto a noi gggiovani in mezzo ad una folla danzante ma nascondono in realtà un formula sarcastica e musicalmente frizzante che regala al disco intero una funzionalità non indifferente. Nel complesso infatti, tutto il lavoro scorre davvero molto bene, il sound è sghembo e lineare ma allo stesso tempo rumoroso e melodico. Le influenze new wave si sentono; le illusioni e le parvenze di Talking Heads e Gang of Four emergono costantemente a galla senza dar alcun fastidio, nemmeno al più super pignolo di tutti voi. Da parte di Tom è tutto, ascoltateli e divertitevi tutti, chiudo.

Massimo Ronchini - Musicclub

Rivestito da un tipico packaging made in Snowdonia inquietante e un po` splatter , l`esordio dei romani Masoko è una piacevole e obliqua ventata di pop che attinge in particolare dalla verve dei Tre Allegri Ragazzi Morti, talvolta dalla seria demenzialità degli Skiantos, dal sound granitico dei Prozac +, ma anche dai primissimi Cure, Police, Monochrome Set, ovvero quella new wave ancora sporca di scheggie punk ma che guardava verso orizzonti "avantgarde" .
Un album energico, compatto, molto particolare nella scelta musicale, che riporta ai tempi pionieristici della prima wave italiana con gruppi come GazNevada, il Camerini elettronico, X Rated, Faust`O. Interessante.

Radiocoop

Ecco quella che potrebbe essere, sulla carta, la risposta italiana ai gruppi figli della new wave che invadono l'Inghilterra di oggi. Sicuramente i riferimenti non sono distanti da quell'epoca, ma il sound dei Masoko è di fatto molto più apparentato con certo pop sbilenco degli anni '80 inglesi che non con Pere Ubu o Gang of Four. Per chi ricorda la Ron Johnson Records e i suoi gruppi di punta (Big Flame, A Witness, Stump) quello può essere il riferimento ideale: i Masoko stanno a quel sound allo stesso modo con cui i Lunapop stanno agli Housemartins (sentire Comfort). In parole povere, parliamo di chitarrismo abrasivi su armonie storte - e testi assai interessanti, in verità. C'è tuttavia da rimarcare un certo deficit melodico che, ad eccezione di Prima Colazione che ricorda i Cure di “The Top”, richiede una qualche compensazione: può essere il grandioso brio chitarristico nel ritmo di Disconite, il tiro quasi punk, alla Clash, di Scusa, le esplosioni controllate delle sei corde in Snob. Anche se nell'album ci sono diverse ingenuità, nel complesso è una buona riuscita. (7)

Bizarre - Blow Up

A Roma sono conosciuti come la banda della cravatta, i loro concerti sono seguitissimi e tante sono state le occasioni per aprire i set di gruppi ben più noti, tra cui i Kaiser Chiefs. Ma i Masoko non sono solo “chiacchiere e distintivo”, e se anche professano di essere più Cool di te, lo fanno con il gusto autoironico e scanzonato che li distingue. Il loro primo vero disco - dopo l'autoprodotto Notanga, che trovava una collocazione su queste pagine nella sezione Outsiders - è uscito da poco ed è già un piccolo caso: dimostra che si può fare un bel lavoro anche con pochi mezzi (pur se a risentirne è la produzione, involontariamente lo-fi) se si hanno buone idee. E i Masoko ne hanno a bizzeffe, a partire dalla cravatta indossata sempre con disinvoltura anche dalla bionda e imperturbabile bassista, dalla denominazione del loro genere - pop nervous wave - che per decifrarlo ci vorrebbe uno psichiatra, dall'atteggiamento di allegra strafottenza, fino ad arrivare, non ultime, alle loro canzoni: rumorose, umoristiche, stonate, contagiose. Potrebbero davvero diventare grandi, nel frattempo giocano a bubusettete.

Tirza Bonifazi Tognazzi - Freequency

Già attivi da diversi anni i Masoko (vincitori l'anno scorso anno delle selezioni regionali di Arezzo Wave) sono divenuti in breve tempo una delle formazioni più interessanti della scena romana, confermando tutto quanto di buono si è detto finora sul loro conto. “Bubù7te”, pur attingendo a sonorità che appartenevano a vent'anni fa, riesce a portare una buona ventata di ottimismo nell'espansione del panorama indie italiano, aprendo un lato “nu new wave” in cui i Masoko gettano l'amo raccogliendo ottimi consensi. Almeno quattro le canzoni da trasformare in singolo (“Alfonso”, “Comfort”, “Cool” e “Scusa”), partorite da ispirazioni varie tra cui è impossibile non raccogliere echi di Talking Heads, Police, Devo, o, per rimanere in madrepatria, i Gaznevada. A giustificare la definizione di “assalt-pop” arrivano la frenesia del cantato, l'ironia e, talvolta, il nonsense dei testi, un nervosismo nel gestire gli strumenti e una piacevole inclinazione alla melodia. La versione live della band romana è sicuramente il lato da prediligere, sul palco i quattro musicisti riescono davvero a dare una forma smagliante all'assurdo e al visionario.

Giuseppe “Pepe” Carpitella - Rock Sound

Una volta erano i Masoko Tanga, come la canzone dei Police. Poi hanno tolto il tanga e Masoko è rimasta nuda ed ancor più originale. Il quartetto romano, attivo da anni con varie autoproduzioni e tantissimi live, alcuni di spalla a gruppi di rilievo come Kaiser Chiefs, Art Brut e Solex, pubblicano finalmente il primo cd ufficiale. Merito alla Snowdonia di Cinzia La Fauci, non nuova ad integrare nel suo catalogo band non convenzionali, in questo caso nella formula pop. I riff di chitarra perfetti ed intelligenti di Alessandro hanno un retroterra in stile Andy Summers reso poi personale ed espressivo, così come il cantato dai testi dall'apparente ilarità, in verità pungenti ed ironici. Rullate frenetiche e linee di basso wave regalano canzoni orecchiabili quanto stravaganti.

Gianluca Polverari - Rockstar

Applaudito disco d'esordio per il quartetto romano dei Masoko, che tra veloci e sussultanti affermazioni, scorrevoli e coloriti ritornelli pop e con una tagliente e sagace ironia dimostrano di avere piena coscienza di quale sia la loro strada nella musica. Che nella fattispecie si aggira nei territori della no wave d'annata rinfrescata da rock spensierato. Bubu' 7te è un tuffo ad ali spiegate nel cuore delle nevrosi collettive con uno sguardo disincantato ma penetrante su vizi e virtù di una generazione che ben conosciamo. In un'epoca di consumi frenetici e schizofrenico la scanzonata frenesia di questo album, ti lascia il tempo di pensare, osservando, sbeffeggiando, sentenziando e dimostrando di aver trovato il modo migliore per uscire fuori con stile da certi ‘circoli viziosi' del nostro tempo. I Masoko ci inseriscono in situazioni viste sentite e percepite. E ci riescono bene perché sono molto bravi a raccontarle e a farle diventare in breve parte del vissuto di ognuno. E non preoccupatevi se mentre canticchiate le subliminali filastrocche delle tracce dell'album (irresistibili quelle Ferrari, Cool, Costretto, Snob), ad un tratto vi accorgerete che c'è molto molto di più…

Manuela Contino - Beautiful freaks

Il rock'n'roll leggero dei romani Masoko non può rattristare, è divertente e veloce. A volte sembrano un Ligabue allegro e meno tamarro. Alfonso parla di un trans che sta sul raccordo, in Comfort Davide De Leonardis (voce) si chiede perché continua a pensare a lei nonostante tutti i comfort di cui gode (compreso un film porno da finire e un altro da cominciare). La differenza tra un disco mediocre e uno che si ascolta con piacere, in questo caso sta nelle parole. In Bubù7te, album d'esordio dei Masoko, non ci sono guizzi di genio particolari o evoluzioni da lasciarti a bocca aperta, ma quando senti una canzone che dice: “Scusa se ti ho seguito, ma io non ti conosco” o “Scusa se ti ho sputato ma non ti ho bagnato” non puoi fare a meno di sorridere. Anche se la copertina del disco fa un po' senso.

Alessandra Roncato - Rolling Stone

Per il sottoscritto l'ascolto di “bubù7te”, esordio ufficiale dei Masoko nella musica che “conta” non è stato accompagnato da alcun ooooh di meraviglia nè da strabuzzamenti d'occhi vari. A leggere a destra e a manca ho avuto modo di scorgere frasi a effetto come “la sorpresa New Wave italiana”, “i buontemponi del revival wave” e chi più ne ha più ne metta, ma queste erano tutte cose che si sapevano da tempo: il mio primo incontro con i Masoko risale infatti al novembre del 2000. Una vera e propria vita fa, visto che ancora veleggiavo sufficientemente lontano dalla laurea, non ero minimamente a conoscenza dell'universo parallelo in cui prospera Kalporz e in televisione non si cercava di dare credibilità ad aberrazioni quali il ponte sullo stretto di Messina.

Mi ritrovai una sera al Sonica, in via Vacuna per assistere al concerto dei Noise from the Cellar e insieme a loro suonavano i Masoko, che all'epoca ancora griffavano i brani come Masoko Tanga e si presentavano in quintetto. Rimasi folgorato dall'approccio ludico ed estremamente professionale messo in mostra da questi ragazzi, cellule impazzite di un panorama rock che in gran parte preferiva donarsi al demone del post-rock, irrigidendosi in posture (spesso ridicolmente) intellettuali. Finita l'esperienza della GASProd i Masoko hanno continuato sulle proprie gambe, e non nascondo l'immenso piacere nel vederli uscire ora per la messinese Snowdonia (quella Messina del ponte che, incrociamo le dita, non sarà mai realmente in cantiere). A conti fatti non esiste etichetta nostrana più adatta per accudire gli schizofrenici singulti di Davide De Leonardis, Alessandro La Padula, Ivana Calò e Simone Ciarocchi di quella pasciuta nel cuore del sud da Cinzia Le Fauci.

Nel corso di questi sei anni il suono dei Masoko non è cambiato di una virgola, semmai si è affinato, parallelamente a una presa di coscienza e a una consapevolezza nei propri mezzi sicuramente riconducibile al deflagrante ritorno in auge su scala internazionale delle sonorità tanto care ai quattro ragazzi capitolini. I quali, al di là di determinate fascinazioni demenziali, del gusto del nonsense e del divertissement mettono a fuoco l'Italia contemporanea con una lucidità a tratti spiazzante. Perché alcune frasi (e basta ascoltare “Comfort”, “Cool” o “Ferrari”) ti fanno rabbrividire tra le risate, perché la nostra penisola è, più che triste o preoccupante, ridicolo, o forse chissà perché.

Resta il fatto che gli undici pezzi, più o meno riusciti che siano (sicuramente da rimarcare “Alfonso” e soprattutto il vecchio cavallo di battaglia “Prima colazione”), appaiono come tante polaroid scattate per congelare la contemporaneità. E, per quanto si senta la mancanza di un paio di brani come “Filosofia” e “Superattico”, non posso che salutare con soddisfazione l'esordio sulla lunga distanza dei Masoko, ex Masoko Tanga. Dopotutto è sembre buono sapere che “ho dei progetti in testa sì, per esempio una rivoluzione. Comincerei adesso ma non ho fatto ancora colazione”...

Raffaele Meale - Kalporz

Dopo tanta esperienza nei club della capitale ed in diversi festival in lungo ed in largo per lo stivale, arriva il primo lavoro targato Masoko.
Il quartetto romano, attivo sin dal 1999, ha cambiato nome (precedentemente Masoko-tanga) e dato alle stampe diversi ep autoprodotti. Per questo primo full lenght, i ragazzi tirano fuori una miscela sonora esplosiva, in bilico tra indie e new wave, di cui apprendono la lezione, metabolizzano e tirano fuori undici interessanti tracce.
Chitarrine acide, sezione ritmica veloce, testi arguti ed una voce tagliente sono gli ingredienti di questa formazione: ma si badi, non si tratta dell'ennesimo clone indie oltremanica, quello della magliettina a righe, capello spettinato e foto dall'alto. Qui c'è ben altro, oltre al fatto che i nostri, nonostante vantino una signorina al basso, sono abituati alle cravatte (motivo estetico non indifferente), hanno idee fresche e frizzanti.
Punti di riferimento sono: bIG fLAME, A Witness, Stump, Pere Ubu ma anche artisti dei nostri tempi, Bloc Party, Interpol, Art Brut e Kaiser Chiefs ( per cui i nostri hanno aperto ultimamente). Riferimenti, i primi soprattutto, davvero importanti e questo spero faccia ben capire quanto questi quattro ragazzi abbiano le carte in regola per trovare un varco nel mercato italiano.
Non è una sorpresa trovare dietro questo progetto il supporto di Paolo Messere (Blessed Child Opera) alla registrazione, Cinzia La Fauci ed Alberto Scotti della Snowdonia: questi ultimi vengono ringraziati per l'ottima scelta. Mai parole su booklet furono più azzeccate, questa produzione Snowdonia entra prepotentemente nel mercato discografico (anche se la mia recensione è molto tardiva rispetto all'uscita) ed è destinata a farsi sentire.

Rocco D'Ammaro - Onda alternativa