E' un grandissimo merito dell'etichetta italiana Snowdonia quello di pubblicare, da ormai quasi vent'anni, album di rock sperimentale di grande interesse per coloro che resistono, quasi come novelli Ulisse, alle implacabili sirene del mainstream. Nel 2014, tra gli altri pubblicati, ha distribuito in Italia il primo album solista (stampato dall'etichetta austriaca Cineploit) di Luigi Porto, musicista, compositore italiano (cosentino per l'esattezza), collaboratore della NY International Brazilian Opera company, ormai trasferitosi da anni negli Stati Uniti. L'album, colonna sonora del film “L'apocalisse delle scimmie” del regista Romano Scavolini, è uno di quegli esempi di commistione di arti diverse, musica, cinema e teatro. Anche la musica proposta lo è, si passa con disinvoltura dalla musica classica all'elettronica, dalla musica lirica all'avanguardia, dalla musica da camera al cabaret, dalla psichedelia alla sperimentazione, dalla musica da film fino alle contaminazioni hip-hop. Le esperienze dell'autore portano all'album una teatralità, quasi da cabaret, che non si perde mai durante i dieci brani, in certi momenti la musica sembra più da guardare che da ascoltare, segno che Porto riesce nel suo intento di accompagnarci in un viaggio nelle cupe atmosfere del film.

Il lavoro  è sostanzialmente diviso in tre parti, ognuna delle quali è stata ideata e suonata in città diverse.  Distaste crea un clima di tensione grazie ai magnifici violini iniziali e ci fa capire già dai primi secondi le doti di Porto. Altri brani, quali la splendida Scimmie OvertureMonodonia del Pusher  o Le Vespe sono avanguardia pura di archi e fiati. Non mancano i tratti poetici come nei testi di Cecilia o la danza spinata o i riferimenti all'attualità in Casal Bruciato. La cupa Nel Parco e la più classica Bogodoroditse Djevo sono arricchite dalla voce del soprano Carmen D'Onofrio. Tutte queste diverse influenze sono amalgamate in modo coerente, anche nell'inaudita versione rap di Diastase. Questo è quello che ha provato a spiegarci Luigi Porto: “Scrivere ordinatamente, incidere, far decantare fino al distacco emotivo e poi maltrattare il materiale, improvvisarci sopra, a volte abbandonarsi alla casualità e scoprire nuovi percorsi: questo per me è un metodo e una liturgia”. Scimmie, grazie alla sua unicità, alla sua sperimentazione e al suo essere fuori da ogni schema, si candida, senza dubbio, ad essere uno dei migliori album del 2014.