Si può parlare di una colonna sonora senza discorrere del film cui si riferisce? Probabilmente no, ma quello che è certo è che, in questo caso, si deve, perché è lo stesso musicista e compositore a richiederlo, specificando che "Scimmie" è pensato come un lavoro indipendente dalle immagini, proprio a livello progettuale e dunque non richiede alcun legame o accostamento con la parte visiva, nonostante sulla copertina dell'album sia indicato: dalla colonna sonora originale de “L'apocalisse delle scimmie” di Romano Scavolini .

Facciamo scorrere l'ascolto di questo nuovo lavoro di Luigi Porto, già cantautore sperimentale con lo pseudonimo Appleyard College, membro dei Maisie e resident composer in una compagnia d'opera contemporanea di New York. Come detto, si tratta dichiaratamente di una soundtrack di un film ancora inedito e per ora (siamo a metà ottobre) non disponibile neanche alla stampa. Eppure vuole essere qualcosa che pulsi di vita propria, che scorra di fianco alla pellicola, sormontandola ma senza mai stringersi a essa indissolubilmente. Difficile dire quanto la cosa sia possibile, parlando di ost e non di brani preesistenti.
Soprattutto è arduo valutare quanto riesca nell'intento, visto che il film non è ancora godibile e quindi non ci resta che prendere per buoni i propositi. Il disco si divide idealmente in tre parti e utilizza le più disparate tecniche di scrittura; da quella a quattro voci, al campionamento, l'overdub, il field recording  e l'improvvisazione, tutto volto a creare una miscela di suggestioni contrastanti, altalenanti, grazie anche alla collaborazione con artisti molto difformi tra loro, come il cantante di protesta Rudi Assuntino, il rapper Mr Dead, il compositore Mirko Onofrio, il coro Gospel Soul Sigh e la soprano eccezionale Carmen D'Onofrio, già con Porto nei Maisie.

Il risultato è un'opera caratterizzata da un'enorme varietà stilistica, che prova a suggestionare l'ascoltatore in modi continuamente diversi. Negli oltre quaranta minuti che si susseguono, si passa dal glitch (“Distaste”) inquietante e dall'ambient (“Scimmie Overture”, il cui testo è una lettera di addio di un kamikaze giapponese) alla neo-classica (“Nel parco”), dalla melodia di protesta stampata su sound sperimentali e carichi d'improvvisazione (“Cecilia o la danza spinata”, “Casal bruciato”) all'avanguardia grottesca in stile Residents (“Le vespe”) passando addirittura per il rap (“Distaste II”), il post-rock inquieto (“Monodia del pusher parte I”), il dark-jazz in stile Angelo Badalamenti (“Monodia del pusher parte II”) fino a chiudere con un'impegnativa quanto stringata “Bogoroditse Djevo”.

"Scimmie" colpisce, ma fatica a rapirti l'anima; si rivela opera di egregia fattura ma a tratti un po' confusa, proprio se si vuole considerare entità unica, come dichiarato dall'autore. Probabilmente tale apparente disordine sarebbe legittimato e reso più comprensibile dalla visione dell'opera cinematografica, ma non è questo ciò che vuole l'autore. Peccato, per ora. (6,5/10)

Silvio Pizzica