Simone Perna e la rivoluzione. Giunto al terzo lavoro solista in studio il batterista di Viclarsen e Affranti cambia strada linguistica, e conseguentemente espressiva, per incidere l'album più maturo e completo della sua carriera. Dopo la scelta di veicolare gli stati d'animo attraverso l'inglese di #1 e ROUGH BRASS , la convinzione di poter accostarsi alla propria lingua madre con risultati soddisfacenti è ora divenuta concreta realtà. A spingerlo in questa direzione due sono stati gli stimoli più evidenti: in primis, il propedeutico ciclo di quattro video - ribattezzato The Border Nerves Sessions - in cui venivano riletti altrettanti cantautori italiani per così dire "di confine" (Camisasca, Rossi, Fiumani e Rocchi); in seconda battuta, la necessità di veicolare un racconto compiuto, concepito, elaborato, rivisto e affinato nel corso degli scorsi mesi, posto alla base di questo RINUNCIA ALL'EREDITA' . Il concept album che da queste premesse prende allora forma e corpo fissa l'attenzione su un tema nient'affatto facile o scontato come, in apparenza, potrebbe essere quello del rapporto tra un padre e un figlio. Qui, per raggiungere il nocciolo della questione bisogna infatti scavare a lungo, in profondità, per addentrarsi nei cunicoli della malattia più nascosti e invisibili all'occhio umano. Bisogna seguire Perna nelle fenditure, nelle crepe e negli anfratti bui dell'esistenza; diventa necessario seguirlo ed entrare al suo seguito in quelle scanalature di passaggio, molto spesso artificiali, oscure e anguste, ma funzionali alla rivelazione, così simili a quel l'antro della Sibilla immortalato splendidamente da Giuseppe D'Anna in copertina. Passaggi segreti accessibili che rivelano mondi morbosi e condizioni di vita occultate ai più, in cui il rapporto tra creato e creatore non è mai in felice dicotomia, ma in perenne tensione, fatta di ricatti, dubbi e privazioni. Deserti esistenziali riempiti di lussuria e cupidigia, ossessioni e infermità che il rock sordido e tremolante del cantautore savonese traccia in maniera netta erodendo inesorabile le pareti che li ricoprono. 3 Fingers Guitar porta in superficie tutto questo a mani nude, accompagnato semplicemente da una chitarra e dalle pelli di Simone Brunzu. Diviso il lavoro in due parti, la prima incentrata sulla figura del padre, la seconda catalizzata sulle mosse del figlio, Perna scalfisce la pietra e continua a scavare nervoso tanto nel subconscio quanto nel quotidiano. Evoca storie e passati; rilancia per il futuro. Sono scosse elettriche più che pennellate; è lo spasimo carnale che prende il sopravvento sulla poesia, che punta dritto allo stomaco e non cerca consolazioni. È la logica ricostruzione fatta a brandelli di quello che molti non vogliono vedere, con una consapevolezza lucida e commovente. L'unica capace di ricondurre sulla retta via un percorso umano minato alla nascita. |