Simone Perna è un cantautore di Savona, ex batterista di Viclarsen e Affranti. Attivo dal 2010 è al suo terzo lavoro e all'esordio nel cantato in italiano. Questo concept album è inaspettato, spiazzante e prodigioso. Riesce a racchiudere in sé una serie di elementi contraddittori che ripercorrono i rivoli dell'originalità e della sperimentazione come incuneandosi in incisioni spastiche, graffianti, rabbiose e sanguinanti. Di 3fingers guitar colpisce l'associazione atipica del cantautorato in italiano a tanta viscerale veemenza che si arrampica su partiture armonicamente dissonanti, lungo reticoli contorti e inestricabili di nervosa intensità. In un coacervo atmosferico di folk cristallino, blues plumbeo e sferzate rumoristiche. Si racconta, come in una rappresentazione teatrale, la storia di un padre e di un figlio e di un lascito umanitario che pesa come il mondo e le sue incognite, le sue variabili. Si racconta di esistenze che si rispecchiano nel fardello della tradizione e del retaggio culturale e allo stesso tempo si misurano con il proprio dramma interiore fatto sempre di ciclica vulnerabilità, ricerca esistenziale inquieta. La voce graffiante è un ghigno di rivolta che racconta testi di una poesia crepuscolare e neorealista tanto tragica quanto intrisa del prodigio identitario di una lucida e fiera consapevolezza. Si raccorda in ogni sfumatura con gli spasmi strumentali, con le contrazioni percussive. Linee elettriche che si spezzano, che si frammentano, che si ricompongono seguendo un ordine puramente emozionale, un impulso pneumatico. Le scansioni, i battiti ossessivi sono sedimenti lasciati da reminescenze stratificate: il cumulo, le scorie di ciò che combattiamo, gli appigli all'anticonvenzionale, alla non accettazione che diventano paura e frustrazione, misura di se stessi. La metafora della lotta impari, dell'ambivalenza che si fronteggia è ben rappresentata nel raffronto generazionale padre-figlio in cui si traduce il linguaggio ambiguo dell'amore, della dipendenza, dello scontro. Il fulcro in cui avviene lo scambio tra passato e futuro, tra ciò che assimiliamo e ciò che siamo, tra radici antropologiche e spirituali. Ecco allora che come ci svela il testo stesso dell'omonimo pezzo, la “Rinuncia all'Eredità” non è altro che una sofferta consapevolezza dei propri limiti che mai potrà sopire l'entusiasmo di una nuova sfida. L'estro creativo che guarda all'art rock atipico e defilato di Claudio Rocchi e Paolo Tofani con il piglio furente e torbido di Lou Reed e Michael Gira. Plauso. (7,5/10) Romina Baldoni |