3 Fingers Guitar nel suo "Rinuncia all'eredità" dimostra cosa sia davvero l'urgenza in musica, tra testi che puntano dritti al cuore, suoni da blues catatonico, rabbia noise e un cantato che arriva dritto dalle viscere.

Si parla spesso a sproposito di urgenza quando si deve descrivere la musica di giovani cantautori incazzati con la chitarra scordata, tanto da aver fatto diventare quasi un cliché la definizione e averla svuotata di vero significato. In questo caso, pur non conoscendo di persona Simone Perna, il musicista che si nasconde dietro il moniker 3 Fingers Guitar, sono disposto a mettere la mano sul fuoco sull'assoluta corrispondenza della sua musica al significato originario di urgenza, anche in assenza di scordatura. Credo infatti che sia praticamente impossibile scrivere testi radicalmente introspettivi come i suoi, cantarli sputandoli fuori dalle viscere e immergerli in atmosfere musicali così aspre senza avere una spinta profonda e reale alla base di tutto.

Lungo i sette brani, da Ingresso a Fine, che compongono Rinuncia all'eredità si snoda una storia tormentata , tra paura, disperazione, mancanza di punti di riferimento e ricerca di risposte che non arrivano mai, se non nel rifugio finale (quanto consolatorio? Probabilmente poco) dell'indifferenza, con testi capaci di coniugare semplicità ed elaborazione dando il giusto peso alle parole e puntando dritti al cuore (della questione, ma anche di chi ascolta) come ben pochi sanno fare nel cantautorato italico odierno.

Ad accompagnare la narrazione ci sono schegge noise selvagge, quasi uno Steve Albini semi-acustico (come in Ingresso , in P. e in Fine), lunghi blues catatonici debitori in qualche modo dei Bachi da Pietra (Rinuncia all'eredità), strumming da punk acustico (Fuga) e momenti più atmosferici che possono ricordare certo oscuro post-punk anni 80 (la lunga coda strumentale di L'unica via), con solo qualche momento di sollievo qui e là, quando il ritmo rallenta ma solo per poi esplodere in attacchi di rabbia sempre più decisi (esemplare in tal caso Fine).

Alla descrizione manca poi un altro elemento fondamentale: la voce di Simone, che si piega e si contorce dando ancor più forza alla disperata narrazione, passando da momenti parlati e gridati, più vicini alla scuola Succi che a quella Clementi, ma ancor più a una terza via più grezza e teatrale, ad altri cantati, ma anche in questo caso non in modo convenzionale, come se le parole venissero direttamente dall'anima tormentata dell'autore.

Se non è urgenza questa, ditemi voi cos'è.

Fabio Pozzi