Per prima cosa rendiamo merito a Snowdonia, etichetta non solo coraggiosa e attenta alle novità più "oblique" in ambito italiano, ma capace anche di riscoprire cantautori un po' dimenticati quali Andrea Tich, in precedenza, e ora Stefano Testa, autore e musicista nato a Roma nel '49 e del quale si erano ormai perse le tracce da anni: un album datato 1977 e intitolato "Una vita, una balena bianca e altre cose" resta probabilmente l' unico lavoro dell' artista conservato nella memoria di un pubblico non giovanissimo, anche se in seguito, nel 1989 uscì "Boogaboo" , un disco che vedeva la collaborazione del clarinettista jazz Tony Scott. Da sottolineare anche il basso profilo mantenuto da Stefano, uomo poco incline a soffermarsi sotto i riflettori e molto più interessato, invece, a produrre arte per se stesso e per pochi amici: grandi doti di umiltà unite alla passione per la musica raffinata. Infatti sono proprio gli arrangiamenti di ottimo gusto, insieme al flusso narrativo poetico e in parte visionario, ma sempre agganciato alla realtà e a tematiche capaci di scivolare con grazia dal micro-cosmo personale ad un piano più universale, gli aspetti più interessanti del lavoro. Il pericolo (in questi casi) si potrebbe nascondere fra le note, sì raffinate, ma magari un po' datate nell' indulgere in orchestrazioni pesanti e tipicamente da cantautorato impegnato italiano 70's, pericolo che qui viene (quasi) sempre scongiurato grazie ad arrangiamenti moderni e brillanti: notevole l' iniziale Domani è festa con la sua bella orchestrazione sognante, così come Argo soltanto. D'altro canto possiamo trovare anche toni di natura più "etnica": tzigana in Niente, africana (i cori) in Musica e tropicali in Metamorfosi, tutto giocato con grande classe, suggestiva ed evocativa negli accenni, senza risultare troppo invadente nelle sonorità. Molto bella Trecento gradini, sia per il testo che per la musica (più percussiva del solito), mentre La ballata dell' angelo svogliato è probabilmente il vertice dell' intero lavoro, capace di emozionare l' ascoltatore grazie a musiche di ampio respiro che esaltano la poesia (e la poetica) di Testa. Qualche brano sottotono a metà disco, che forse si poteva evitare, per poi riprendersi nel finale con Una canzone banale e la bella e straniante Camicie azzurre che chiude l' album. Nell' insieme, come si dice, l' opera "tiene" nonostante qualche momento di stanchezza e brani meno azzeccati: la proposta è interessante nel suo tentativo di conciliare cantautorato di livello e melodie pop, ballate semplici e orchestrazioni più complesse, profondità intellettuale e leggerezza di spirito. Non era semplice far quadrare i conti e non tutto è perfetto, ma la strada intrapresa sembra essere quella giusta: guardare al presente senza per questo abbandonare le proprie radici. Un plauso all' onestà e al coraggio, a chi sa guardare al futuro con speranza, nonostante "un fiocco nero sulla culla" (per dirla con le parole di Stefano) sembra volerci mortificare per sempre... |