Ci sono un paio di elementi di cui ogni buon musicista dovrebbe essere dotato in maniera imprescindibile, pena l'oblio imperituro. Nel frattempo mettetevi comodi e gustatevi l'inizio. Fatelo come si fa con un buon vino d'annata, musica d'autore di prima scelta, dal sapore robusto e genuino. La voce di Spaggiari colpisce subito come un pugno in faccia, graffiante, roca, illuminata da un'aura vagamente tragica, incendiaria quando si fa urlante, e soprattutto, enorme pregio di questi tempi, subito riconoscibile come sua peculiare. Nonostante i paragoni e i richiami possano sprecarsi per una certa attitudine ad una vocalità esasperata, da Brondi a Gaetano e perfino al Vasco Rossi meno pop (quasi impossibile non ravvisarlo nelle atmosfere sognanti di Polo Nord), paragoni per altro non del tutto inopportuni, rimane comunque una componente di elevata originalità, di chi ha condotto un lavoro personale di ricerca d'identità e non di scimmiottamento di questo o quel modello. Altro elemento da sottolineare va individuato nella scelta stilistica del gruppo, piuttosto in controtendenza agli attuali dettami della scena alternativa mirati a certo folk un po' sghembo, stonato e sgangherato da cameretta (ed anche piuttosto indigeribile). In balia di un dio principiante suona infatti come un vero disco rock, come se ne facevano negli anni 70: chitarroni ruvidi e distorsori alternati a qualche momento più acustico e raccolto (Lei nell'aria, Mela di cartone), batteria secca e ben calibrata, una spolverata d'organo e fisarmonica (Mi vennero a cercare le mosche, Dolce amica) ad acuire il sapore vintage e un tocco di pianoforte (nella stupenda ballata Francesco). Un discorso già intrapreso qualche anno fa dai Lombroso di Dario Ciffo e Agostino Nascimbeni e che emerge soprattutto nei pezzi dal sapore più beat come la già citata Venature di perle o Rogo a Parigi nonché per la passione condivisa per Battisti, presenza che aleggia un po' ovunque nel disco e nella scrittura dei testi. E proprio le liriche meritano una menzione particolare, avvolte come sono da un'aura decadente e melanconica, raffinatissime e ineccepibili, perfettamente rese dal carisma un po' maledetto di Spaggiari, così vicino in certi momenti alle cose più belle e disperate di Ciampi . Ultimo, ma non per importanza, il plauso a Marco Scozzaro (ex Fargas) sull'ottimo lavoro fotografico di artwork, che rende senza dubbio il cd o ancora meglio, per chi se lo accaparrerà, il vinile, un piccolo oggetto di culto. Mi pare non ci sia modo migliore di concludere la recensione se non citando gli stessi Fargas: «“In balia di un dio principiante” è un diario, una confessione, un testamento, una mappa ingiallita che vi condurrà dritti al tesoro: una scatola vuota con una pergamena che dice: “Che ti credevi di trovare, fesso?”». Buon divertimento. (7.5/10) Marco Salanitri |