La potenza, il talento, la voglia di tirare fuori le idee dal cuore tramite la voce, tramite la gola, tramite l'urlo e l'enfasi vocale rendono i Fargas una band decisamente interessante.

A volerli ascoltare bene non c'è una traccia che sia una non in grado di raccontare emozioni forti. La voce a metà tra quella del mitico Rino Gaetano e quella del primo Vasco Rossi (quello di “Anima fragile” ad esempio) graffia e tinge di sabbia e realismo ogni scritto, ogni pensiero, ogni singola frase e rende molto drammatico l'approccio dei Fargas al mio orecchio scanner.

Il problema è che la voce, non sempre intonata, non sempre nemmeno amalgamata coi volumi della base musicale, è troppo presente, troppo “centro dell'universo” in questo “In balia di un dio principiante” per non sembrare uno schema tattico teso a vittoria e successo, un forzato ancoraggio cui ormeggiare l'intero progetto.

Si finisce col sentire l'emotività più che i testi, la rabbia più dell'intuizione musicale. Le viscere del cantante saranno anche pregne di significato ma vorremmo ascoltare una canzone da cantare (esagero: magari assieme...) piuttosto che tanto stile, grinta e personalità in cui il messaggio cantato si perde, inesorabilmente.

Josè Leaci