La Snowdonia è una delle etichette italiane più versatili e in controtendenza, uno dei marchi che meglio ha saputo sintetizzare il binomio tra 'anarchismo' e musica popolare.

Le scelte artistiche si orientano ancora in questo senso con una coppia di uscite distanti anni luce dai luoghi più gettonati dell'indie-rock nostrano, quasi a rispondere a una marziale visione d'insieme: da una parte il gusto sottilmente vintage dei Fargas, dall'altro la ricerca estetica votata alla contaminazione dei toscani A.S.O.B. La lingua italiana e per entrambe le produzioni una logica conseguenza, una distinta voglia di appartenere nel rispetto delle proprie radici.

I quattro Fargas attraversano in lungo e in largo numerose stagioni del folklore italico, sfiorando concezioni beat ma mostrando una coesione figlia di quella wave tanto imparentata con la canzone d'autore. Un retaggio che fa molto eighties, tanto che tra le righe di In balia di un dio principiante si possono scorgere nomi più o meno altisonanti della nostra storia, dal primissimo Fossati a un Luca Carboni funestato da visioni al vetriolo. Su tutto un lirismo molto acceso e una capacita di padroneggiare la materia strumentale con personalità. Ci sono anche dei potenziali singoli - la miccia simil-blues di 27 Gennaio o il post-romanticismo di Lei nell'aria, con un po' di fantasia una b-side del Sorrenti di passaggio tra '70 e '80 - in un disco che non teme certo il confronto con le più fortunate stagioni del nostro pop. Rinunciano invece alla chitarra gli A.S.O.B., spostando l'attenzione sulla prestanza ritmica e sui gorgoglii delle elettroniche e incrociando anche l'hip-hop nei due brani che vedono ospite l'mc Acid One. La sensibilità pop é sostenuta da una media dose di eclettismo, puntando quell'albero genealogico che da Zappa giunge dritto dritto ai Faith No More. E grosso il debito nei confronti di quel crossover meno adolescenziale, capace di scalare le classifiche di vendita tra gli anni '90 e gli `00. Un imprinting meno calligrafico renderebbe maggior giustizia alla band, sorretta comunque da buone individualità. In cuor mio - ad esempio - utilizzerei la voce in maniera più 'strumentale', abbandonando completamente le obsolete linee vocali. Il focus si sposterebbe con maggior decisione sulle musiche, davvero più stuzzicanti.

Luca Collepiccolo