Cattura l'elemento visionario e tattile associabile al suono Fausto Balbo. La sua sperimentazione è un'abile opera artigianale capace di erigere impalcature di perfetto equilibrio giocando sulla diversità delle consistenze. La sua più grande intuizione sembra essere quella di far convergere in un giusto flusso alchemico tutta una gran serie di suoni prodotti dall'elettronica di per sé fastidiosi, starati, stridenti. Un'entropia ristabilita dal caos si potrebbe quasi pensare, un plasmare materia informe, un tentativo di rendere malleabile qualcosa che invece vuole resistere e che poi, nella sua lettura d'insieme, si rende gradevole, arrendevole, accattivante, straordinariamente armonico. L'idea di movimento, di interazione, di brulicante risveglio si nasconde in questa serie di stratificazioni compositive che ci trasportano verso una nuova percezione del rumore. Innumerevoli esplosioni controllate che sono allo stesso tempo giochi di fantasia, contrasti di colori, intersezioni calibratissime, flussi onirici. Mutamenti strutturali, geometrie frattali di scuola György Ligeti, tentativi di connessione con frequenze ultrasoniche alla Karlheinz Stockhausen. Un "Login" continuo, un'avanguardia destinata a rimanere multiforme e incompiuta, straordinariamente coerente ad un tentativo inconscio di contatto con/ collegamento a/ sintonizzazione su. E tutto si perde nella vastità rarefatta della ricerca. Un lavoro che sicuramente presenta richiami e rimandi sensoriali al monumentale “Zeit” dei Tangerine Dream per il tentativo di dare armonia ritmica a costruzioni di sintetizzatori e sequencer, per il suo procedere sinusoidale come per campi magnetici, attraverso intercalature scansionate, che a volte perdono completamente consistenza per rimanere quasi sospese nel vuoto. Le derive spazio temporali, i galleggiamenti atmosferici ricollegabili all'elemento psiche e spirito sono invece annoverabili alle lezioni Popol Vuh. Ma a parte le scontate associazioni di genere, l'artista cuneese inaugura un discorso altamente personale iniziato già con due precedenti lavori pubblicati per l'etichetta Snowdonia (“Zero” del 2000 e “Falbo” del 2005) e con una recente collaborazione, passata colpevolmente troppo in sordina, con Andrea Marutti: “Detrimental Dialogue” ancora per Afe Records (2012). I suoi giochi di interferenze, i glitch scoppiettanti hanno in realtà ben poco di alienante o di associabile a certi noiser di ultima generazione. Sono al contrario altamente comunicativi, caldi, e se vogliamo inglobanti, nel senso più ‘la-monte-younghiano' del termine, ovvero dotati della capacità di far entrare l'ascoltatore nel flusso sonoro e farlo navigare con esso. Harmysticmeeting è un incontenibile incontro catartico tra graffiate analogiche e riverberi di tastiere mistico-orientaleggianti, gioca con la suspence e con la scomposizione particellare. La musica diventa semplicemente movimento istintivo, alterazione di staticità. Un impulso forte e incontrollato pieno di energia liberatoria che ha il suo apice in My Chatroom… My Life… My Distress, nella passeggiata cosmica che rende omaggio al compositore tedesco Schulze Walkin' with Klaus e nella superba Will Future Man Develop a Third Ear?, una kraut-trance di oltre diciassette minuti capace di risucchiare nelle sue spire di impulsi che finiscono per diventare una specie di tester psicologico. Si parte da una serie di acufeni e crepitii urticanti che si propagano e che finiscono per incontrarsi e coordinarsi in una danza frenetica e primitiva costruita sulla variazione delle intensità. Alla fine il sibilo diventa persistente e le variazioni impercettibili, c'è un profondo senso di risucchio, di totale ancoraggio al suono stesso. Si diventa parte di esso e lo si guida inconsciamente alla dispersione finale. Un "Login" non per tutti i palati ma assolutamente intenso e originale destinato a sconvolgere la nostra idea di equilibrio, armonia e dissonanza. (7,5/10) |