Il disco s'ispira direttamente ad un'opera scultorea di un personaggio 'fuori contesto', il leccese Ezechiele Leandro, spazzino ma soprattutto artista e scultore involontariamente post-industriale, la cui poetica originalissima sta, per darvi un'idea, tra Ligabue e Niki de Saint Phalle per quanto riguarda la scultura e, a riguardo della pittura, tra l'arte antica e suggestioni di Micheaux. Il trio salentino, che pare confermare la vivacità della scena artistica pugliese, interpreta in musica quelle che potrebbero essere state le ispirazioni di Leandro: un'ansia spirituale incrementata dal quotidiano confronto con la merda collettiva dei rifiuti, l'esigenza di ri-creare un luogo dove poter ri-costruire il rapporto a due con la trascendenza e realizzare proprio l'idea di 'zweisamkeit'. Anche qui i materiali sonori di lavoro sono prevalentemente di risulta: scampoli kraut, prog sperimentale con qualche ascendenza del Battiato sperimentale (Limiti Urbani), elettronica vintage sci-fi (Rumore Bianco), costruzioni ritmiche abrase semi-industriali (Come morire in un sogno), techno destrutturato (La Rinascente), sketch low fi prog (Tutto ciò che ci tiene legati), drum and bass irrisolto (Venezia), mini soundtrack meta-ambientali (Reprise) ed altro ancora. A soffermarsi sui singoli brani si rischia di cominciare ad annorare (quelli che a noi paiono) i difetti ed un senso di incompiutezza. L'effetto d'insieme ha invece un fascino 'detritico', i colori e la poesia strana delle discariche viste allontanarsi al tramonto (Exp, che ci piacerebbe sentirla cantare da Vasco Rossi), l'illusione che quella roba ce la siamo lasciata dietro per sempre e adesso possiamo ricominciare a fare qualcosa di buono. (7) |