Il torinese Daniele Scardanelli inizia la sua carriera musicale con “Il buon senso spiegato al mio cane”, una raccolta di retroguardia fantasiosa, cumulata di contrasti stilistici.
Dopo una “Intro” strumentale, “Addomesticamento” calca il lato più pagliaccesco dei teatrini macabri di Tom Waits, e “Salmo” scodella il lato più arabeggiante delle danze dandy di David Bowie. Altri aspetti waitsiani (chitarre in contrappunto angoloso, organetto slavo) emergono in “Spaventiamo le vecchiette”, ma meglio ancora fa “Kenny 7 dita”, un duetto stranito tra pianoforte da film muto e tuba comica.

Non esattamente sperimentale, il disco comunque osa nelle quiete dissonanze swinganti di “Voglio sparare al presidente” (il testo più non-sense), nel gruppo vocale antiquato che fronteggia vortici di cacofonie chitarristiche di “Per il tuo bene”, nei trilli alla Fats Waller che accompagnano un coro natalizio e una chitarra napoletana in “Polvere”.
Il laro più tradizionale annovera “Sacchi & Kalashnikov”, e la sospesa, Vasco Rossi -iana “Per quelli come te”, e riequilibra gli sbandamenti della prima parte di opera.

Regge egregiamente l'orologio biologico dei generi impollinati, e ha anche la forza di permettersi un unico - un po' vistoso - difetto: tutti gli arrangiamenti sono centrati attorno alla voce di Scardanelli (vero nome: Daniele De Luca), che è troppo simile a se stessa, tanto che in più di qualche momento le canzoni diventano regolari riallineamenti calligrafici. Revisionismo insolito. Prima delle due uscite 2011 per Snowdonia. (6)

Michele Saran