Già annunciata da tempo, le registrazioni del materiale sono iniziate addirittura cinque anni fa, si concretizza la collaborazione tra Le Forbici di Manitù e la scrittrice Alda Teodorani, con un racconto inedito nel corposo libretto allegato, illustrato da Emanuela Biancuzzi che avevo curato anche le copertine di "Infanzia di M" e "Tagliare". Immaginari decisamente affini che si intrecciano in "L'isola" in maniera compatta, e Manitù Rossi e Vittore Baroni, con il contributo di Carretti e Fontanelli di Offlaga Disco Pax, hanno per l'occasione accantonato quelle sagaci componenti di godibile ironia che ne hanno di frequente caratterizzato i lavori per concentrarsi su gravi atmosfere dalle costanti inflessioni, pur freddamente, orrorifiche, che perfettamente s'integrassero con il testo tra astrazione onirica e fisico malessere della Teodorani e i tratti certamente non più rassicuranti della Biancuzzi. C'è uno spesso substrato gotico che nel linguaggio comune adottato dalla combutta palesemente emerge, così come sotto il profilo squisitamente musicale le sonorità spesso si ricollegano, coerentemente, ai primi anni '80, con Otello che è una cover, con cantato in italiano, di My Blues is You di Neon. Il ricorrente tema da L'isola dei morti di Rachmaninoff avvia il disco ina una dimensione da radiodramma che riaffiora, mai pedantemente, tra il recitato sulle iterative secche di L'albergo, la gentile e perforante angoscia di Dal Profondo, in particolare della versione strumentale, e le canzoni, che rendono più scorrevole l'evolversi della vicenda attraverso le sottilmente funeree e decadenti tonalità di Fame, La Galleria e Il tempo dell'obbedienza, gli inattesi aliti di apparente leggerezza in Solo x 2, disperatamente romantici nell'essenza d'ogni residuo sentimento, lo spettrale procedere di Nella cantina che si sviluppa in stranianti e indifferenti riverberi dub. (7/8) |