Mi verrebbe da iniziare questa recensione con le parole “i Maisie ce l'hanno fatta”, ma preferisco prenderla alla lontana. E allora inizio con Luigi Tenco. Nel ‘66 Tenco diceva questo: «quando un Paese riesce a esprimere in chiave moderna una sua musica tipica, per un certo periodo di tempo il mondo intero impazzisce. In Italia, purtroppo, il grosso sbaglio è quello di guardare al mercato mondiale e imitarlo, quando ci sarebbe da noi un patrimonio musicale vastissimo e pieno di folklore». Quindi folklore e modernità. Ora pensate alla copertina di Sgt. Pepper's dei Beatles: è piena di folklore (Marylin, Poe, Bogart...). E dove sta la modernità? Be', lì sta nel fatto che è la copertina di un disco, ed è forse la prima copertina con intenti consapevolmente artistici della storia della musica. Ora non fate altro che sostituire i personaggi di quella copertina con i personaggi che, nei passati quarant'anni, hanno affollato la tv e la radio italiane, e le nostre vite. Al centro, al posto dei Beatles, metteteci i Maisie. Poi prendete un po' di stereotipi della nostra quotidianità (che sono banali, ma appunto per questo reali): il grigiore metropolitano, la noia della provincia, il sole della Sicilia, il traffico, le chiese e gli ospedali, le piste del liscio alla festa dell'Unità. Immaginate una musica che possa raccontare tutte queste atmosfere, e ci siamo arrivati: Balera Metropolitana è tutto questo.
Rielaborare il folklore in chiave moderna non significa suonare pizzica con la drum machine. Provo a spiegarmi. Il folklore è qualcosa di abbastanza simile a una grande biblioteca. E come una biblioteca, ha al suo interno reperti antichi e reperti recenti ed è in continuo aggiornamento. Oltre al folklore comunemente accettato (la pizzica, giusto per riprendere l'esempio), ne esiste uno moderno e, addirittura, contemporaneo. Nella maggior parte dei casi abbiamo bisogno di tempo per riconoscerlo, dobbiamo distaccarcene un po', cioè aspettare che diventi passato: qualche volta, invece, lo capiamo per tempo; e quando viene universalmente riconosciuto come folklore siamo i primi a dire con orgoglio “io c'ero, io l'ho visto, io l'ho vissuto”. Perché il folklore è qualcosa di strettamente legato alla nostalgia, cioè al tempo, e alla condivisione, cioè allo spazio. Quello contemporaneo, poi, è profondamente interconnesso ai concetti di media, massa e diffusione su ampia scala. La Giuni Russo di Maracaibo, Mina, Celentano, Maledetta Primavera, Una lacrima sul viso, gli 883, Cochi e Renato, i Gufi, il Quartetto Cetra, la sigla di 007 sono tutti esempi di folklore contemporaneo.
Il sound dei Maisie si era già definitivamente consolidato con Morte a 33 giri, raggiungendo un primo vertice per compattezza e riconoscibilità. Ora, con Balera Metropolitana, quel sound si espande in maniera caleidoscopica e abbraccia tutte le influenze a portata di mano, quelle che tutti ascoltiamo e abbiamo ascoltato: ogni canzone è una stratificazione di linguaggi diversi, a volte lontanissimi, un collage pop anarchico e avvincente. Così ci troviamo sballottati nel tempo dalla voce di Carmen D'Onofrio, col suo timbro così anni ‘80 (un incrocio tra Alice, Rettore e Mannoia), e dall'utilizzo moderno di synth e campionatori. L'avvicendarsi continuo di voci diverse (Andrea Comandini, Rosalba Lazzarotto, Flavio Giurato, Simone Tilli, per citarne alcuni) e gli innesti del violino di Vittorio De Marin o del sax di Amy Denio fanno il resto, disorientandoci definitivamente.
L'urlo di Andavo a cento all'ora apre le danze pompando al massimo batterie e chitarre. Poi succede di tutto: dalla soft-trance di Maria al pop de La centrale nucleare, dal baustellismo di Blues finito male al canzonettismo anni ‘50 de L'amore in città, dal parlato ipnotico di Nostalghia Canaglia alla disco di Ultima discoteca in città. Tra il primo e il secondo disco c'è una certa differenza: man mano che si procede i ritmi rallentano e le atmosfere si rarefanno un po' alla volta, fino ad arrivare alla malinconia cantautorale di n.79 - ISTITUTO MARINO (via Ortopedico) e di Ivana e Gabriella, al dark wave di Mogol e Panella o alla psichedelia eterea di Musica della Madonna. I testi, visionari, espressionisti e caustici, virano verso l'esistenzialismo («chiunque sa lanciare spermatozoi nel buio!») e il nichilismo («non c'è niente da scoprire nella gente») e dipingono una società schizoide, tragica e disperata. C'è anche spazio per il trash: quello di lusso con La licantropia di Pippo Franco e quello estremo di Voglia di cosce e di sigarette di Mauro Repetto (il biondo che ballava a fianco di Max Pezzali ai tempi degli 883): lampante esempio - il secondo - di come trasformare la canzone più brutta della storia in un bel pezzo à la Gang of Four.
Sfogliando il libretto illustrato da Dario D'Alessandro ci si rende perfettamente conto della mole di lavoro e della quantità di gente coinvolta in questo progetto. Le collaborazioni e i ringraziamenti occupano tre pagine; ma tutto, in questo, disco è in larga scala: 2 cd, 148 minuti di musica, 44 canzoni; il libretto è di quelli che non ti fanno mai chiudere la custodia come vorresti. Se vuoi ascoltarlo tutto d'un fiato devi prenderti la serata libera, come per guardare un film, e mentre lo ascolti non puoi fare altro: ti sommerge, ti investe con centinaia di parole, suoni, rumori, cori, sovraincisioni, sorprese. Eppure di fronte alla mole enorme di materiale, i Maisie riescono nell'impresa di tenere coeso il tutto, di non perdere il filo del discorso e di non abbassare mai la guardia. I quattro anni di lavoro serratissimo, che hanno paralizzato quasi completamente l'attività della Snowdonia (l'etichetta di Cinzia La Fauci e Alberto Scotti, membri fondatori dei Maisie), hanno anche donato all'intero lavoro un respiro grandissimo, solido e maturo. Un disco articolato e importante.
E allora torniamo all'inizio: i Maisie ce l'hanno fatta? La mia risposta, per quel che vale, è sì. In definitiva Balera Metropolitana è un disco pop da ascoltare in prospettiva storica: di sicuro un punto di arrivo per i Maisie, e molto probabilmente un approdo generazionale per la musica indipendente italiana.
Adesso andate nel sito della Snowdonia: in alto a sinistra, sopra le faccine, cliccate “600” o “800” (fa lo stesso). E imparate memoria.
Alessandro Romeo |