Chi l'avrebbe mai detto che l'iconoclasta, dadaista, anarchica (e chi più ne ha...) Snowdonia, la più pazza delle indie (non solo) italiane, avrebbe partorito il suo masterpiece affetto da qualcosa che, in qualche modo, può richiamare lo spessore dei dischi "normali" più importanti e destinati ad entrare nella lista di quelli storici (si parva licet...).
Lo fa, a modo suo ovviamente, con questo mastodonte di due cd per 44 brani, a firma della sua band forse più rappresentativa, Maisie, che giunge, credo, al sesto disco, a parecchi anni dall'ultimo.

Ed in effetti deve aver richiesto un lavoro immane, oltre che un cambio/allargamento di organico. Qui trovate un caleidoscopio di generi e stili che vengono centellinati con gusto quasi enciclopedico.

C'è di tutto ed è praticamente impossibile raccapezzarsi per darne conto con una qualche parvenza di sistematica organicità. Io, per me, ho ravvisato qualche lieve filo logico che mi è sembrato cucire il tutto: la struttura dell'album ricorda l'approccio di un altro grande atipico come Frank Zappa; il retrogusto di molte canzoni mi sembra debba qualcosa di importante all'estetica di Battiato nonchè a quella di certo rock in opposition italiano degli ottanta (Franti e varie propaggini). Però sono solo piccoli dettagli.
La sostanza è quella di un disco denso e lieve allo stesso tempo. Una cosa importante ma anche molto godibile. A parte Amy Denio, anche gli ospiti sono imprevedibili: Castelnuovo e Giurato!

Luciano Marcolin