Quando ci si avvicina ad un nuovo cantautore, si rischia spesso di andare fuori strada, di apparire melenso, un po' per negligenza, tanto poco così da essere prevenuto, frutto di stilemi costruiti e difficili da scrollarseli di dosso.

Deian Martinelli è un giovane cantautore torinese al suo secondo lavoro, da cui è scaturito un album fresco e geniale, emanazione di una tradizione epocale di tutto rispetto, ma per nulla simile a qualsiasi cosa ascoltata da sempre.

Deian scrive canzoni come a suo tempo lo hanno fatto Luigi Tenco, Piero Ciampi, vent'anni dopo Andrea Chimenti, Marco Parente, Cesare Basile, ed oggi lo fanno meravigliosamente i Numero 6, Dente, Alessandro Grazian, Samuel Katarro, Vittorio Cane; ognuno a suo modo, è sottinteso, usando la lingua italiana ed un tipo di scrittura che li rende unici.

Questo disco omonimo è strutturato in modo impeccabile: dal soffuso calore da Jazz Club di “Nonostante i lampioni alla tetra e ammiccante “Il poema del becchino”, dalla teatralità di “Lei non sa chi sono io” alle estreme conseguenze dei fiati di “Medio”, dalla bellissima improvvisata di “I am the tonno” alla dolce ed adulta ninna nanna di “Un giorno di inverno”.

Deian e Lorsoglabro , nella sua compiutezza, riconduce ad una forma canzone, coronata da atmosfere accoglienti e leggere, i testi, sempre ad altissimo livello, mai banali ma soprattutto sinceri, originali, nati e cresciuti in un carattere pacato (“Etrelos e Odimit”), a suo modo “un'estremista medio”.

Delle volte racchiuso in un orchestrina di fiati, altre accompagnato dal solo piano, Deian trasforma il piombo in oro, regalando ai minatori del sottosuolo indipendente italiano dodici componenti di metallo prezioso. (8)

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