Chi, questa estate, fosse andato al festival Traffic di Torino per vedere Nick Cave & The Bad Seeds, avrebbe trovato, in apertura, una selezione della nuova scena cantautorale torinese, una di quelle (non) scene che fanno la gioia di giornalisti musicali e trendsetter vari. Tra questi vi era anche un nome, in qualche modo, legato a Genova: Deian Martinelli, fratello di quel Tristan che, da anni, anima, come dj e musicista, le serate genovesi e che, negli Orsoglabro, fa un po' il jolly, alternandosi a chitarra e piano.
Chi lo ha visto qualche anno fa sul palco del rimpianto Mascherona, ricorda brani che lasciavano l'idea di una sorta di Bugo meno vicino a Beck e più consapevole di certo cantautorato “surrealista” italiano (i Gufi, per esempio, che vengono in mente in una “Ballata del becchino” di cui avrebbero avuto di che esser fieri). L'ascolto del disco appena uscito per Musicalista, Snowdonia e Innabilis, rivela un autore decisamente più personale di quanto ci si ricordasse.
Il disco si apre con “Che ci vuoi fare?”, languida ballata quasi primi anni Settanta: più di un pensiero va a Kevin Ayers, non fosse che è un paragone veramente troppo “esoterico” e da collezionista di dischi allo stadio terminale; perciò meglio ripiegare su un più conosciuto Badly Drawn Boy. Il brano di apertura presenta subito bene il mood del disco e, in un mondo migliore, sarebbe un potenziale hit single. Canzoni così, come l'indie rock alla Modest Mouse di “Big Bang” o la stravaganza psichedelica di “I am the tonno”, mostrano come questo esordio esca – e di molto – dagli standard e dai suoni tanto di moda nella scena indipendente italiana, ivi compreso il nuovo eccellente cantautorato dei vari Benvegnù e Dente: insomma, una boccata di aria fresca in un panorama che, a volte, rischia di omogenizzarsi.
Stesso discorso se poi ci si ferma ad ascoltare i testi: sfottò alle tribù giovanili (”Danno Permanente”), il già citato omaggio allo humor nero dei Gufi (”Ballata del becchino”), stupori alcolici (”Nonostante i lampioni”, che, chissà perchè, ha fatto riaffiorare ricordi del primo, svogliato, Sergio Caputo), romantici inni contro le canzoni d'amore (”Lei non sa chi sono io”), autoritratti naif (”L'occhio più grande che ho” piuttosto che “Medio”). A margine c'è, poi, la deliziosa “Una bella novità”, che potrebbe, addirittura, farsi strada nelle classifiche, se solo Radio Dj e simili si accorgessero del suo potenziale.