La prima impressione è quella che conta...solo quando chi se la è fatta non è disposto ad approfondire la sua conoscenza superficiale. Fermandosi al primo sguardo, infatti, L'arte di sciogliere la neve, primo lavoro per gli Humanoira su etichetta Snowdonia, può lasciare interdetti per la quantità di variazioni stilistiche, per l'orgia di citazioni - che spaziano dal girotondo fino a La Casa in Via dei Matti numero zero passando per le Zigulì - e per il modo di cantare di Riccardo Vivaldi, che si modella sulla base dell'esigenza di ogni pezzo, cose che potrebbero far pensare ad un tentativo di "stranismo coatto".
L'ascoltatore meno sprovveduto, colui che non senta e passi oltre trainato dalla furia del download compulsivo, non potrà però non rimanere colpito dal modo in cui il gruppo sappia rimescolare le numerose carte che ha a disposizione, per un risultato che in qualche modo si allontana dalle produzioni nostrane canoniche per la personalità che è capace di mettere in campo.
I quattro livornesi Humanoira hanno un approccio decisamente teatrale alla forma canzone, piegata all'occorrenza fino a farsi filastrocca per bambini sulla spinta di testi che in più di un'occasione sfiorano l'assurdo, vero protagonista delle immagini di copertina e delle foto sul libretto del cd.
Senza tentare di definire le possibili influenze, compito non proprio semplice, si può certamente affermare che alcuni episodi del disco si prestino bene ad essere velocemente ricordate e canticchiate – non è questa l'essenza del pop? - così come in altri momenti si senta lo stampo più tipicamente rock, che immagino la faccia da padrone nelle esibizioni live.
Ed è così che mentre "nel raccapricciante scontro tra umorismo e noia si altera la gioia", ci si ritrova con gli angoli della bocca che si allargano per far spazio a sorrisi che un secondo dopo rimangono congelati davanti allo scenario che cambia, si fa scuro e costringe alla riflessione.
Registrato in casa, il lavoro risente certo di limiti legati alle produzioni low cost ed a pagarne il prezzo più alto sembra essere proprio la voce del cantante, ben gestito però il miscuglio dell'ossatura di batteria-basso-chitarra con i campionamenti ed i sintetizzatori, ed a volte il sax, che vi si sovrappongono.
Per il suo decimo compleanno Snowdonia si regala insomma un disco anarchico, come lo sono ancora alcuni livornesi, che non sente il bisogno di scimmiottare qualcuno per garantirsi maggiore visibilità ma che anzi si fa forte della capacità di tracciarsi una sua propria direzione.
Visto che "è tantissimo il tempo e sono troppo poche le cose da fare", qualcosa per vivere bisognerà pur inventarsela.
Francesco Benincasa |