I Masoko sono una bella realtà emergente, c’è poco da dire. In Italia hanno aperto i concerti di Kaiser Chiefs, Art Brut e i nostrani Vasco Rossi e Max Gazzè, hanno girato l’Italia e hanno fatto un mucchio di gavetta on the road indispensabile per maturare un proprio sound e un proprio modo di stare sul palco (retto peraltro benissimo). Dal 1999 al 2005 hanno prodotto diverso materiale, ottenuto lodevoli recensioni con “NoTanga” e raccolto pareri positivi tra gli addetti ai lavori nel corso di diversi concorsi nazionali; il disco d’esordio “Bubù7te” è perfetto per un party e non delude le aspettative essendo in perfetta linea con il modo di essere dei Masoko. Testi sarcastici e diretti, semplici e ironici se non addirittura schizoidi e a volte geniali: i Masoko hanno la capacità di arrivare ai concetti in modo molto semplice, senza troppi giri di parole (in compenso i giri di basso abbondano). Questo esordio contiene undici tracce (più una ghost track molto simpatica) che sono un concentrato di energia post punk e sonorità new wave; un’attitudine punk che viene temperata da un gusto pop e un suono che in Inghilterra va per la maggiore (anche se il gruppo è attivo già da prima che esplodesse gente come Art Brut, Rakes e Interpol). Quello dei Masoko è uno psycho-pop confezionato molto bene, fatto di chitarre ora grezze e serrate ora profonde e lancinanti, un basso che lavora instancabilmente assieme a una batteria nervosa che non cede un colpo. Ascoltando in modo superficiale Bubù7te si avvertono suoni e richiami dei gruppi prima citati ma a un ascolto più attento si avvertono echi di gruppi storici come Sound e Gang Of Four. Le influenze e le ispirazioni vengono comunque assorbite e rielaborate in un modello proprio che mostra già adesso di avere una solida e chiara identità, rendendo l’esordio dei Masoko qualcosa di assolutamente interessante. Un disco che è confezionato in modo tale da essere portato anche al di fuori dell’Italia grazie a quella unione di rabbia punk, sonorità e ritmi pseudo ballabili e gusto pop: il sound è omogeneo così come le canzoni solide e ben strutturate, con interessanti momenti strumentali che si arricchiscono di echi, suoni e velleità sperimentali. La voce di Davide De Leonardis arriva chiara, stridula, ammiccante e provocatoria mentre la batteria di Simone Ciarocchi non si ferma mai, fa salire i pezzi per poi farli scendere e poi ancora risalire verso pattern danzerecci molto efficaci; il basso di Ivana Calò (molto brava) costruisce percorsi variegati che sostengono le ritmiche secche e serrate della chitarra di Alessandro La Padula, molto ispirato nel ricreare certe sonorità e certi riff dal sapore retrò. Il sarcasmo del testo di “Alfonso” è tagliente almeno quanto i riff di chitarra e la costruzione armonica, mentre gli accostamenti fatti in “Comfort” sono geniali quanto la tautologia della strofa; “Prima Colazione” è invece molto diretta e solida, dotata di una melodia ficcante che si rivela molto efficace. La parte centrale del disco, quella con “Cool” e “Disconite” è forse la migliore: la prima rivela un testo ironico e schizzato, oltre un momento strumentale e sperimentale che nei live viene allungato di molto, mentre la seconda descrive l’ebbrezza delle serate in discoteca e delle interminabili contrattazioni che si verificano all’ingresso per entrare. I Masoko descrivono situazioni comuni
(o pseudo comuni) con energia e al tempo stesso semplicità: le melodie ci sono, il ritmo pure, un sound definito e l’ironia fanno il resto. Questo disco d’esordio fa un’ottima figura e, considerando che l’impatto live il gruppo ce l’ha eccome, non possiamo fare altro che stare a vedere dove arriveranno i Masoko. Noi un’idea ce l’abbiamo.
Stefano De Stefano |