Secondo le menti che agitano
il paese utopico di Snowdonia, stiamo allevando male le nuove generazioni,
avvelenandole con una cultura di guerra e con la cattiva televisione, e
impedendo loro di allargare i propri orizzonti; il salto logico che da questa
condivisibile constatazione ha portato a concepire questa raccolta - dove
15 gruppi underground coinvolgono per il loro brano almeno un bambino in
veste di cantante - può non essere facile da cogliere, ma solo perché
siamo stati allevati male anche noi… In realtà più che
offrire soluzioni pedagogiche, “Lo Zecchino d’Oro dell’Underground”
funge da termometro per indagare la capacità di interazione tra mondo
infantile e adulto; sorprendentemente buona da parte del primo, più
variegata da parte del secondo. Accade così che i momenti migliori
di questo straordinario progetto non siano per forza opera dei musicisti
più bravi ed affermati, come Marlene Kuntz o Mariposa;
si fa ricordare infatti meglio la voce del tutto “out” di Emanuela
sull’atmosfera incantata alla Dirty Three dei Blessed
Child Opera, il duetto complice tra le voci adulta e infantile
del pezzo di Masoko (gustosa commistione tra suono Cure
e moderno indie-rock), il demenziale hip hop con gli allievi dell’asilo
di Hello Daylight o la filastrocca surreale di Aidoru.
Ricchissimo anche il libretto che riporta le foto dei piccoli protagonisti
e una serie di note a margine che sono una miniera di riflessioni prima
che di informazioni. I padroni di casa Maisie (ovviamente
efficacissimi sul piano musicale) concludono rimarcando il semplice segreto
che per loro “giocare e suonare sono lo stesso verbo (peccato che
il pallone sia drogato e che l’Inter non vinca nulla da anni)".
Da noi l’augurio che questo coraggioso dischetto sia l'avvio di un
grande cambiamento sotto tutti i punti di vista. Enrico Ramunni |