Lungi dall’essere “pazzi”, come sostengono i cari Zen Circus, i banbini sono porci. E non solo quelli obesi, facile preda di merendine più latte e meno cacao o di fagocitanti McDonald’s: tutti i banbini sono maiali, preda di amorevoli allevatori in giacca e cravatta che li pascono, danno loro tutti i comfort e poi, quando sono sufficientemente corroborati (e se sono sufficientemente telegenici), li sgozzano. Perché dei banbini, come del porco, non si butta nulla: ci puoi fare telenovele e film tv, ti aiutano a vendere automobili e assicurazioni (oltre alle suddette merendine: un circolo vizioso dei più classici), li piazzi davanti la telecamera e così, d’incanto, ti inteneriscono (e all’uopo distraggono) l’audience. L’innocenza è persa, il prodotto è salvo: happy ending, fade out. Il cavalier Snowdonia, nauseato da questo scempio e opportunamente ripreso dal cassetto il cappellino verde da Robin Hood che aveva usato nel carnevale del ’78, reperisce un manipolo di indomiti volontari e si appresta a salvare una quindicina di porcellini dalla lama del villico incravattato. Il cavaliere è ottimista e – qualcuno gliene renda merito - in questi banbini tutti ciccia e brufoli vede ancora un barlume di speranza, uno spiraglio di intelligenza: per cui tenta di aprirsi un varco tra una Bratz e una suoneria polifonica, arrivando lancia in resta al centro vitale delle loro emozioni, sorvegliato giorno e notte da un cerbero le cui tre teste rispondono (con un ghigno smagliante a favore di obiettivo) ai nomi di Costantino, Adriana e Tottigòl. È la rivoluzione, la presa della Bastiglia, la primavera del nostro risorgimento: “insuffleremo nuova fantasia nei banbini! – dichiara trionfante il cavalier Snowdonia sul cadavere comunque ben truccato del guardiano canino – Questi banbini non sono più semplici porcelli, adesso che sono sotto la nostra tutela: finalmente canteranno cose diverse, penseranno cose diverse, scopriranno mondi diversi! Niente più sangue amaro ma dolcissima cioccolata, preferibilmente comprata sostenendo il commercio equo e solidale! Il nostro sarà il primo Zecchino D’Oro di banbini finalmente coscienti!”. Ma non tutto, come avrete previsto, andò come previsto: l’ingordigia infatti s’era già fatta strada tra le truppe del cavaliere, creando malcontento, agitazione e sottili voglie di suonare su uno dei duecentoventi palchi dell’annuale MEI (stavolta disseminati, per ragioni di spazio, in tre regioni). E d’altronde, cosa sono gli amorevoli allevatori di maiali prima di diventare tali, se non a loro volta maiali? Certo, la gran parte dei convenuti diresse coscienziosamente il banbino affidatogli verso il sole dell’avvenire: il cavaliere stesso, con i suoi Maisie, dava infatti prova di grande sagacia (Alberi e Fabbriche), e altrettanto facevano i bardi Aidoru con l’ironica Lo Scoiattolo e La Libellula e i Blessed Child Opera con la dolce Danza Dell’Orso, mentre gli es ricalcavano gloriosamente, con Piccola e Ben Compiuta gli es stessi (e chi sennò?); infine, nel salotto buono, Marlene Kuntz e Mariposa si scambiavano meritati inchini (i Mariposa inchinandosi ai Marlene, i Marlene inchinandosi ai Marlene). Ma pochi facinorosi, nascondendosi come al solito nelle fioriere, rovinavano la presa di coscienza dei banbini: alcuni senza cattive intenzioni (gli eh300244a, il cui pur buon brano non rende i banbini partecipi di un testo che possa fungergli da Capitale nel futuro), altri sul baratro di una prematura quanto infelice voglia di protagonismo (gli Hello Daylight, nel cui brano i banbini sono più che mai buffissimi ed anonimi porcelli da fiera diretti da un odioso precettore). In mezzo, tra l’imprescindibilmente brutto e l’impagabilmente inutile, un prato verde solo in minima parte minato in cui giocano giocondi gli Amari – divertenti e divertiti -, i plumbei Toychestra ed i Rosolina Mar, rinnovatisi e ancora più interessanti. E insomma, stavolta è davvero la fine della nostra piccola storiella. Un happy ending anche questo, se vogliamo: felici ed un pò meno suini i banbini, sorridenti ed un pò più ottimisti i prodi del cavalier Snowdonia, che di certo hanno come al solito svolto un compito brillante, pur con gli alti ed i bassi del caso. Ma la causa è intensa, i protagonisti sono interessanti e in fin dei conti la cioccolata era buona: uno Zecchino volume 2 ci starebbe niente male. Se con Fivelandia abbiamo retto fino al capitolo 25 (o giù di lì) resistendo alla tentazione di immergere Cristina D’Avena nel miele e scaricarla ignuda nei terreni di qualche apicoltore prezzolato, con Snowdonia non sarà certo qualche veniale peccatuccio a farci mutare il giudizio. Sul disco in questione, sull’etichetta in sé e sulle idee, sacrosante, che stanno alla base di entrambi. Carlo "Cruel" Crudele |