Ci sono 3 gruppi che mi hanno sempre inquietato non poco: 1. Ovo, 2. Aidoru, 3. il primissimo Battiato. Non sono in ordine ma non è questo il punto. Il punto è che oggi sono arrivati i Maisie che hanno scalzato il buon Franco (il che per un gruppo è sempre un onore) dalla classifica. Premetto col dire che non mi aspettavo molto da questo lavoro, l'unico pezzo che conoscevo dei Maisie (tratto dallo Zecchino d'Oro dell'Underground) mi aveva davvero lasciato del tutto indifferente, ma mai è stato così bello essersi dovuti ricredere. Il Disco dei Maisie è affascinante, bisogna ammetterlo. È un insieme di messaggi-schiaffi subliminali, pensieri e parole distorti e sfocati da un'atmosfera perennemente tesa, pesante, resa eterea e onirica da voci filtrate tramite distorsori e riverberi. Il disco ha quel maledetto charme nato da una perfetta alchimia tra -bravura nell'arrangiamento (C'è gente si strapperebbe i capelli se la lunghissima Vivan Las Cadenas fosse stata scritta da Manuel Agnelli, e già mi immagino le classiche frasi alla “grande prova di maturità”) , capace di miscelare sapientemente un sound italiano classico (L'inverno precoce, quasi in sound Perturbazione) con programming e beat tipici dell'elettronica o di quel pop elettronico che riesce sempre ad ammaliare (?Uma.no); -testi, che raccontano di esperienze normali (L'inverno precoce), disagi comuni e quelle frasi tanto classiche da pensare quasi impossibile riuscire a scoprirci un nuovo significato. Giocando con una sprezzante cinismo misto a un'amara e grottesca ironia, capace più di ferire che di far sorridere; - i suoni… È incredibile come la ricchezza di questi riesca a costruire una personalità distinta di ogni singola canzone, senza però infrangere la compattezza del lavoro stesso. Lo straziante finale di Sistemo l'America e torno , l'ipnotico incipit affidato ai Ragazzi di oggi… L'essere slegati dal bisogno di una produzione per il grande mercato permette ai Maisie di sfornare un lavoro che pulsa, che si sente nato più dall'urgenza di comunicare che dalla ricerca di “quel preciso suono d'archi che va tanto di moda ora”, che uscendo dai convenzionali schemi di missaggio anima il limbo di una realtà vista a rallentatore da un vetro appannato, e tutto questo è.. magico; - L'anima e la personalità del lavoro. Non un disco come tanti…Questo album lo senti addosso, parla come te perché hai i tuoi stesi ricordi. Un po' come il lavoro degli Offlaga Disco Pax sembra che i Maisie siano cresciuti non solo nella nostra epoca, ma proprio con noi, come uno di quei compagni che stava con te alle medie e al liceo ma con cui non hai mai parlato, e solo ora ti accorgi che forse era l'unico a pensarla davvero come te. Un disco che consiglio di ascoltare, anche se ha come controindicazione un'angoscia mista a depressione che vi trascinerete dietro fino a fine giornata. Non c'è qui il motivetto hit single, non c'è il ritornello killer, o il riff che spacca, c'è una cruda realtà che troppo spesso si vuole ignorare e dimenticare, e non sarete certo grati ai Maisie di avervi ricordato il perché.

Francesco Sciarrone