L’ennesimo travestimento
degli Maisie, che hanno ormai adottato la lingua natia assieme a tutta la
scuderia Snowdonia, è in parte nel segno di una raffinatissima pop-wave,
in parte nel connubio di voci femminili che vede l’impareggiabile
Cinzia (peraltro ancora migliorata come cantante, come testimonia la bella
prova di “?Uma.no”) confrontarsi con l’altrettanto
versatile Carmen D’Onofrio, capace di esprimersi
con innocente dolcezza come di trasformarsi in memorabile dark lady (“Allargando
le Braccia” è da brividi). Il lo-fi rock drammaticamente
evocativo de “L’Inverno Precoce” vede il loro
canto intrecciarsi in un dialogo sublime, rischiando di oscurare il preziosissimo
lavoro di Alberto, gran tessitore di suoni e ritmi (magnifica la sua drum
machine nella title-track, decisamente proiettata su coordinate avant-garde,
con il violino di Alfredo Spinelli ad aggiungere un altro
colore fondamentale). La forza dirompente dei testi, propensi all’introspezione
e al ricordo personale seppur velati di ermetismo, è un altro elemento
che salta subito all’occhio; non che l’album manchi di ironia
(abbiamo pur sempre Maria de Filippi “vergine tra i morti viventi”
che si racconta in un giapponese improbabile ed ospiti come Stefania
Pedretti o come Bugo, che si scatena da par suo
attraverso la nebbia elettronica di “Sottosopra”).
È solo che l’ironia non agisce da freno inibitorio per i sentimenti.
Lo diremmo un disco più sincero, senza nulla togliere ai precedenti.
(4/5) Enrico Ramunni |