"Morte a 33 giri" è un disco che apre un baratro. La sbandierata morte del micro/solco è in realtà lo squarciarsi di un velo dietro cui tutto il concetto di "pop italiano" rimane appeso e sospeso sull'orrido in un celestiale capovolgimento di prospettiva che ci riporta - giustamente - con le gambe all'insù. La pochezza incredibile di molti discografici di casa nostra, che marciano su finti rockers di provincia o si vantano di esportare cantanti, melodie e arrangiamenti banalissimi in tutto il mondo, per non dire del suicidio collettivo cantautoriale, è resa ancora più dolorosamente evidente dalla conferma che una via italiana a un pop che sia al tempo stesso intelligente, trasgressivo, ironico e divertente, oltre che musicalmente validissimo, c'è! I Maisie giungono al loro primo disco in italiano - con risparmio di vocabolario, come acutamente ricordano nelle note di presentazione - dopo una serie di lavori eclettici e intelligenti, in cui la naturale tendenza indie-wave veniva fusa con intuizioni pop e lavorava materiali alti e bassi con la doverosa [ir]riverenza che si deve a entrambi. Ora Cinzia La Fauci e Alberto Scotti si ampliano alla collaborazione dell'ottimo polistrumentista Paolo Messere e di Carmen D'Onofrio, la cui voce calda è in perfetta complementarità con quella piu' irriverente della La Fauci. Il risultato è - oltre che curatissimo dal punto di vista del lavoro di studio - una vera bomba! La beffa di partenza, che introduce "Morte a 33 giri", è l'appello - ripreso da un celebre hit sanremese di Luis Miguel - ai "ragazzi di oggi", seguita appunto dalla title-track, che dipinge sopra un ritmo rimbalzante un quadretto in cui riflessioni sulla disillusione e sulla quotidianità si intrecciano con ironia e incisiva efficacia. Ma il meglio deve ancora venire ed è introdotto dalla malinconica fisarmonica che accompagna la prima parte di "Vivan Las Cadenas", brano di bellezza assoluta - anche del testo - in cui all'andamento riflessivo e lirico dei primi minuti segue una irresistibile costruzione sonora che si scioglie in quell'urlo "in rewind" che sembra una nuvola incantevole sospesa sopra le nostre angosce. Quello che colpisce in questo lavoro dei Maisie è l'equilibrio tra le componenti messe in gioco: le parole che non rinunciano alla consueta vena corrosiva, ma che sanno giungere al cuore con efficacia pop, la splendida alternanza delle voci di Cinzia e Carmen, quasi a sottolineare le due facce di una medaglia, la ripresa di alcuni "luoghi" della canzone italiana, spesso dimenticati. Esemplare in questo senso è "L'inverno precoce", sostenuta dall'ottimo drumming di Vincenzo Bardaro, fantastico [dis]incanto sentimentale che entra nelle orecchie e non ci esce più - se le radio avessero un briciolo di gusto e coraggio, la sentireste cantare in ogni angolo di strada! Il trittico centrale del disco è una sorta di continua variazione "mantra" sull'incalzare di anelli armonici: "Maria De Filippi" è poi un incubo narcotico dall'incedere dolce e ossessivo, che si srotola in una nenia giapponese, "Sistemo l'America e torno" si accende di brevi lampi distorti e in cui il disagio sembra soffiato via dalla disillusione"? "Uma.no" è lastricata di pop elettrico anni Ottanta. La tensione esplode nei coriandoli dance di "Finchè la borsa va lasciala andare", in cui sembra quasi che Nada flirti con Alberto Camerini e nel "Battisti indie- rock" di "Sottosopra", splendidamente cantata da Bugo insieme alla La Fauci. Si vola verso l'ultima parte del disco con "Allargando le braccia" e i frammenti di suoni, oggetti e strumenti giocattolo che si sbriciolano dentro "Una canzone riciclata", a suggellare in modo poco rassicurante questo splendido viaggio attraverso le continue contraddizioni emozionali di chi osa porsi qualche domanda sulla quotidianità. Mai negli ultimi anni lo spazio ritagliato dai sentimenti e dall'amarezza, dalla voglia di giocare e da quella di erigere una barriera, dall'incontro tra l'alto e il basso delle possibilità espressive, erano stati resi con una tale efficacia e freschezza musicale, abbracciando con un solo gesto tutte le nostre illusioni. Se per coccolarle o strangolarle definitivamente, beh... questo potrebbe non essere sicuro! Splendido! (4,5/5) Enrico Bettinello |