I Larsen Lombriki nascono
a Roma nel 1997 con l’intento di coniugare le passioni parallele per
l’arte concettuale e l’avant-rock. Da sempre il gruppo agisce
quindi su un confine tra arti visive e musica e, non a caso, contemporaneamente
all’uscita di questo cd è in svolgimento in diversi luoghi
selezionati (Forte Prenestino a Roma, Wide records a Pisa, Fnac a Napoli…)
una mostra curata dai Nostri che prende il nome di “Underground nightmares”.
Affidando ad altri più competenti il commento della mostra, mi limito
in questa sede all’aspetto squisitamente sonoro. Co-prodotto dalla loro etichetta personale Rotor Audio Club e dalla messinese Snowdonia, “Free from deceit of cunnings” è il secondo cd dei Larsen Lombriki ed esce a distanza di quasi cinque anni dal precedente “Glad to be here” (2000). Chi si lamenta della prolificità dei musicisti contemporanei dovrebbe essere soddisfatto di questo lasso di tempo intercorso tra le due uscite che predispone positivamente l’ascoltatore infondendogli la speranza di avere tra le mani un lavoro ponderato e qualitativamente denso. L’ascolto effettivo dimostra come questa speranza sia ben riposta. Se anche il disco non è un capolavoro, contiene una quantità di idee, una varietà di soluzioni e una miscellanea di rimandi che lo pongono di certo al di sopra della media. La musica dei Larsen Lombriki saccheggia a piene mani la storia del rock alternativo, concentrandosi soprattutto su rockabilly istrionici e roots rock sfigurati. Numi tutelari dell’operazione non potrebbero essere altri che i Cramps (spesso ripresi pedissequamente, come in “Time for love”) e Quintron (soprattutto per l’uso sistematico di tastiere giocattolo, elettronica bizzarra e campionamenti schizoidi). Altri nomi che mi sento di citare sono i Suicide (in “Honey”), i Royal Trux di “Twin infinitives”, i Residents e, in blocco, il giro completo dell’etichetta Skin Graft, da sempre un punto di riferimento per la Snowdonia. Rimane da definire lo stile. Loro parlano di “musica sperimentale buffa”, di “flux-a-billy” di “sub-avant-garde’n’roll”. Mi sembrano definizioni accettabili anche se, effettivamente, sono del tutto nonsense. Forse è proprio per questo che calzano così a pennello. Massimiliano Osini |