Attraverso un approccio strumentale - sperimentale Fausto Balbo, chitarrista, programmatore e manipolatore elettronico che con "Zero" aveva raccolto i suoi lavori del periodo 1996-99, ci apre le porte di un mondo ancora più astratto e avventuroso costruito sopra un complesso montaggio di bassi, chitarre e percussioni. La base sintetica fa da sfondo ad un susseguirsi di citazioni insistenti, tratte da film d'autore e commerciali. “Falbo” è un cd di 70 minuti che abbraccia vari ambiti musicali come l'elettronica di ricerca, i collage sonori, la musica elettroacustica, toccando addirittura la classica d'avanguardia. Pesante nei concetti e assillante nella forma, il disco per certi versi sa esprimere l'angoscia e l'inquietudine latente dominante nei quartieri residenziali delle nostre città. È evidente il richiamo al pretenzioso virtuosismo psichedelico di certi lavori degli anni '70, vedi ad esempio gli ultimi dischi dei King Crimson. Tecnica che regge il lavoro di Fausto Balbo è il campionamento: si tratta di un intenzionale “saccheggio” di fonti e repertori, con riferimenti alle realtà più disparate, un susseguirsi di voci distorte, disturbi radiofonici ed urla selvagge, suonerie telefoniche e sveglie digitali, il tutto “abbellito” da effetti laser stile anni ottanta. Non mancano ritagli pop, storielle infantili dal sapore onirico e rumori da studio del dentista. Il tutto è costruito senza la benché minima intenzione di dare al materiale un tocco di estetica riconducibile alla struttura - canzone, anzi, l'intento è quello di dare risalto al lavoro di taglia e cuci alla base del progetto. La sottile la trama di significato si costruisce con presunzione attraverso le nove tracce dell'album: dall'essenza anti-intellettuale di “Pensiero primitivo sotto pelle” alle trame ritmiche di “Insonne”, dall'istinto maniacale di “A volte i sogni t'avvelano” al minimalismo sonoro di “Cat -d-moon”, sunto finale e conclusione del percorso. Un album per un verso sorprendente, puro lampo di genio, per l'altro eccessivamente virtuoso e onnicomprensivo, come se volesse fagocitare tutta la sensibilità artistica contemporanea. Federica Cardia - Gufetto |