Difficile descrivere questo
cd... ha bisogno di un ascolto cosi “individuale” da rendere
fuorviante ogni supposizione di gusto o immaginazione di intenti. Il lavoro degli Aidoru è un'opera davvero eterogenea, fatta di dilatazioni post-psichedeliche che riescono a inserire la sperimentazione in panorami artificiali e “plastificati”, normalizzando l'estremismo in una coerenza che rende la fruizione unica e quasi “irripetibile”. Ascoltare “13 piccoli singoli radiofonici” è un'esperienza da vivere in cuffia, in prima persona, entrando nei riverberi, negli sprazzi elettronici, nelle batterie trip-hop, nelle passeggiate post-rock, nei suoi deliri cantautoriali sommessi. Realtà scomposta e perfettamente deformata, mai in modo disordinato: il tutto dà l'idea di un'organizzazione davvero razionale della forma istintuale della composizione... Gli Aidoru suonano e creano atmosfere disordinate con grande puntualità e geometria; chiamatelo come volete, rock, post-punk, post-rock, rock cantautoriale... tutto passa in secondo piano quando ci si trova di fronte ad un oggetto cosi eterogeneo e beffardo. Costantemente in bilico fra intellettualità e follia pura, le 13 tracce scorrono alternando piacere e disagio dell'ascoltatore, sballottato fra un'emozione e l'altra, come solo un grande cd riesce a fare. Da sottolineare “Preludio op.28 n.2” cover di Chopin... e la presenza di John De Leo nella bellissima traccia conclusiva. Gli Aidoru colpiscono nel segno l'ascoltatore, perché sanno far penetrare il loro suono, elemento che rimarrà di prepotenza nell'immaginario di chi si avvicinerà a questo cd, che va ascoltato tutto d'un fiato. Stefano Bernardi |