Franco Di Terlizi, aka The Finger, ha tutta l'aria di volersi avvicinare allo stereotipo di chi maledice il giorno in cui si è ritrovato tra le mani nazionalità e passaporto italiani. Lontano dalla tradizione della sua terra, "Sugar plum fairy" (lavoro che non fa altro che condensare i vecchi cd-r del Nostro) è un disco che sa di Nord-America. Non di quella muscolare alla Bruce Springsteen, e nemmeno l'altra fiera e incazzata di Johnny Cash. Se potesse far parte di un sottofondo per la lettura di un libro, allora potrebbe accompagnare la lettura di Jack Kerouak o John Fante: Neil Cassady e Arturo Bandini ne sarebbero felici. E viaggerebbero volentieri assieme a The Finger, forse senza le comodità della prima classe - alle quali, tra l'altro, dovrebbero essere abituati - ma con le certezze di chi insegue una vita fuori dall'ordinario, aggrappata alla polvere della strada. Piene di spleen, imbottite di lo-fi, le canzoni di "Sugar plum fairy" sono piccole gemme dominate da ballate scarnificate, con influenze country ed elettroniche, a volte volutamente strambe, altre inserite in contesti meglio definiti. Come la robusta Everyday was summer (anche se a tratti ricorda un pò, incredibile ma vero, "What's up?" dei 4 Not Blondes), che riesce a far da contraltare a pezzi meno convenzionali, come Alone in a hole (un omaggio al Neil Young di "Harvest"?), alla malinconia alla Songs:Ohia (sviscerata in Blue and blues), all'elettronica in salsa paranoica stile Yo La Tengo (Flying back in time). E se non apparisse una bestemmia, potremmo anche citare senza vergognarcene i Byrds, richiamati dai giochi di voci di Songs for P. E le assonanze possibili non finiscono qui: si potrebbero mettere in mezzo anche i Mojave 3, gli Sparklehorse, i Broken Dog, le atmosfere dei Dirty Three e così via. Bassa fedeltà a manetta, c'è poco da dire. Che The Finger usa a piacimento, per ribadire le difficoltà di "chi non ha radici e ne comprerebbe di usate anche da un poco raccomandabile spacciatore di sogni da sabato pomeriggio su rai qualcosa". Della serie: quando ci piace anche il comunicato stampa.

Giuseppe Catani