Una delle peculiarità più evidenti sin dai primi ascolti di questo album è la lingua inventata in cui Lorenzo Esposito, cantante dei Transgender, ha deciso di esprimersi: un misto di idiomi mitteleuropei, est-europei e orientali (o forse qualcosa che li ricorda anche solo lontanamente), che trasfigura i testi delle canzoni trasportandoli in un "mondo a parte", erigendo una specie di muro tra sé e l'ascoltatore, costretto a fare affidamento solo sull'orecchio per farsi un'idea di ciò che i brani di Sen Soj Trumàs descrivono (a meno che non bari dall'inizio andandosi a leggere le liriche nella sezione cd-rom dell'album...).
Questa tendenza alla mescolanza dei caratteri in funzione della creazione di un linguaggio proprio non si limita però all'ambito puramente linguistico dell'album: anche la sfera musicale del discorso dei Transgender si può leggere alla stessa maniera, con il tentativo di fondere idiomi diversi per crearne uno coerente e riconoscibile. Tentativo che funziona: la band riesce a coniugare varie declinazioni del rock (talvolta 'duro', talvolta più ambientale, talvolta minimalista/elettronico o vicino ai vari post del caso) in un assieme omogeneo, dominato, ci pare, da un gusto per la melodia e la ritmica dagli accenti balcanici, ben illustrata da brani come Multis o Craud. Non mancano le atmosfere da "ballata" (Dre Foé) né accenti vicini a territori simil-prog (Mavra, Spoony Geeza). Sen Soj Trumàs suona come una cittadella isolata che ha imparato a praticare linguaggi e musiche proprie, rubate dal mondo circostante ma irrimediabilmente divenute 'altro' dopo il furto (e in questo, l'immaginario da apocalisse post-comunist-industriale della grafica dell'album aiuta molto, dobbiamo ammetterlo), visitabile da orecchie e voci curiose ma sempre irrimediabilmente un pò distante (per questo non ci piace per nulla il cameo di Giovanni Lindo Ferretti in Mantra, troppo riconoscibile e uguale a mille altre sue declamazioni per risultare un valore aggiunto in un album che parla già bene di per sé).
Visitate senza paura il mondo dei Transgender, potrebbe valerne la pena.

Luca Fusari