In uno dei suoi film più riusciti, l'incompiuto ma vigoroso "De Vulgari Eloquentia", Dante Alighieri inscena un'appassionante caccia all'uomo sulle tracce del temibilissimo Volgare Illustre, che subdolamente semina indizi per tutta la penisola, salvo poi rivelarsi inafferrabile. E il commissario Ginko, nella scena madre, vibrante di autentica verve drammatica, sentenzia che il Volgare Illustre, similmente all'odore della pantera è in ogni luogo e in nessuno al tempo stesso. "Ma giuro su Dio che un giorno lo catturerò". Ora ignoro se i Transgender, italiani come l'Alighieri, abbiano visto o meno tale film, ma la loro musica, per Giove, profuma veramente di pantera. Sfuggente, controllatamente instabile, improntata ad un turnover fulmineo di stili ed arrangiamenti ma con una chiara idea di gioco sottostante, cioè canzoni con quadratura del cerchio incorporata. Contaminazione quindi, zapping fra mille miliardi di musiche, anche solo per un attimo se necessario, perché qui la casualità non è contemplata. Ora, non farò nomi; per una volta, evviva l'omertà. Mi piacerebbe evitare la roulette russa degli accostamenti (solo un nome su sei va a segno) e ci proverò. Se volete visualizzare correttamente questo album, pensate agli ingredienti della paella valenciana ed elevate alla N. Genericamente parlando, aspettatevi post-rock, progressive, musiche balcaniche, blues, elettronica in varie declinazioni, jazz, valzer poi eccetera, quantità volatili di tantissimo altro. Ecco fatto, ma se non ascoltate, tutto questo è nulla più che una collezione di sabbia. E, sono costretto a ripetermi, tanto inesausto mescolare senza che il tutto si risolva in una informe pocatroia stilistica o in una qualsiasi forma di crossover già passata per l'ufficio brevetti (e alla cassa, grazie). Perché crossover, prima di diventare l'ingiuria semplice da destinare agli ennesimi inetti rap-metal, starebbe a definire innanzitutto un contenitore vuoto da colmare di contraddizioni coerenti tramite quella cosetta rara e bellissima che è la curiosità; la stessa che spinge i bambini a smontare i giocattoli o a desiderare il mestiere di astronauta. Una tensione inafferrabile come l'odore della pantera. Ma senza il minimo senso della suspense, I Transgender hanno calato le brache immediatamente, scegliendosi un nome che, come si diceva una volta, è tutto un programma.

Non stupisce quindi che a sound indecifrabile sia abbinata lingua indecifrabile, inventata per l'occasione che una musica tanto mutante rappresenta, a veicolare significati ignoti. Suona affascinante, ma non spero ne esca una grammatica ragionata. Non è un caso che le uniche eccezioni (un pezzo a testa per inglese, francese e italiano) siano affidate a voci ospiti, a titolo d'esempio un ingombrante Giovanni Lindo Ferretti chiamato a spiaggiare sulle note di Mantra, per un tempo che pare purtroppo infinitamente lungo.

Enrico Banzola