Ok. La storia non si fa con i se o con i ma...e la claustrofobia è lì al varco come un avvoltoio che fa ombra  ad un moribondo. Per fortuna la fantascienza ci ha donato tante pilloline tascabili che trattano di fratture temporali: un buon libro per tutti "La svastica sul sole" di Philip K. Dick, la descrizione di un mondo futuribile in cui la Germania ed il Giappone sono uscite vittoriose dalla Seconda Guerra Mondiale. Oppure "Fahrenheit 451" di Ray Bradbury o "Fatherland" di Harris. Ora, vi starete chiedendo perché la sto prendendo così larga dato che dovrei scrivere di un disco, e se invece siete degli insicuri propenderete per l'aver sbagliato rubrica. Niente paura, sono solo le prime cose che mi sono venute in mente ascoltando "Sen Soj Trumàs".

Una considerazione: perché nessuno ha mai pensato a come sarebbe stato il rock se invece del "made in Usa" si fosse trovato una falce e martello sulla culla? O che sarebbe del pop se fosse stato alimentato sotto banco dalle nebbie sinaptiche della vodka? Davanti a domande così la testa di chiunque si arrenderebbe avvolta dal blackout assoluto, ma i Transgender forse una risposta la potrebbero anche abbozzare. Attendibile? Beh, questo magari no, ma sicuramente interessante. Certo che sentire i Talking Heads zompettare sulle note di un organetto diatonico fa un pò impressione, o tremare agli echi dei Van Der Graaf Generator in un lento da sbronza triste non è cosa da tutti i giorni. Tagliamo corto, "Sen Soj Trumàs" è un disco strano, di quelli che capita raramente di poter ascoltare. Talmente particolare, che il cantante, Lorenzo Esposito Fornasari, si è inventato pure una lingua che ricorda il greco, il tedesco, idiomi balcanici e giapponese (niente alieni alla Magma stavolta, Christian Vander se ci sei batti un colpo!) il titolo dell'album significa "Sostituzione di un organo di senso".(sic!).

Se siete degli epistemologi della lingua troverete traduzioni e spiegazioni nel cdrom e nel sito del gruppo. E diciamolo, già col canto siamo presi bene, e poi c'è un grande Giovanni Lindo Ferretti che ci mette del suo in Mantra. In sintesi: la musica è refrattaria ad ogni classificazione, caleidoscopica quanto basta per sobillare un ascolto protratto, con citazioni a iosa per rinfrescare o mettere alla prova il proprio bagaglio musicale soprattutto sugli anni Settanta, preparazione tecnica degli strumentisti ineccepibile, arrangiamenti qualitativamente alti con tendenze al noise e al post-rock.

L'album è adatto a un ascoltatore maturo, disincantato, deliberatamente cinico e sprezzante dei generi, che si ritrova come un carbonaro a far ascoltare la nuova scoperta solo agli amici più stretti in un accesso di bontà, probabilmente un musicista con ancora tanti progetti nei cassetti e manie da perfezionista.


Se vi identificate in questa immagine, "Sen Soj Trumàs" è il disco che stavate aspettando da un pezzo. E tenete d'occhio Snowdonia perché etichette così incisive e all'avanguardia in Italia sono rare da trovare. Consiglio da carbonaro!

Diego Dal Medico