È sicuramente stimolante, pur se non di facilissima assimilazione, il mondo espressivo dei bolognesi Transgender, che hanno presentato alla Fnac il loro 2° cd, Sen Soj Trumàs. Già dal titolo balza all'occhio una certa bizzarria, attribuibile a Lorenzo Esposito, cantante e autore dei testi del gruppo. Voce come strumento, soprattutto, e l'idea di esprimersi in una lingua inventata da lui, che suggerisce vicinanze ad altri idiomi (greco, tedesco, giapponese, lingue balcaniche) ma che rimane, evidentemente, del tutto incomprensibile (il lavoro è comunque uscito in formato cd-rom, e vi si trovano dunque le traduzioni in italiano e inglese delle canzoni). Ma non è solo la scelta linguistica a rendere singolare la musica della formazione bolognese. Transgender è un universo stilistico estremamente variegato con imprevedibili mutamenti di rotta anche all'interno di uno stesso brano. Un avvio noise, tutto rumori ed urla, può dissolversi improvvisamente in iterazioni minimaliste e in paesaggi sonori arcani e inquietanti; una solenne declamazione si incunea tra marcette circensi e rétro, tra Tom Waits (la chitarra di Alessandro Petrillo non è esente da echi ribotiani) e le fanfare balcaniche. Una voce femminile sensuale e francese, fa magari da preludio ad un fraseggio chitarristico narrativo, cinematografico, noir. Un guazzabuglio troppo dispersivo? Il rischio della frammentarietà c'è ma i Transgender danno l'impressione di gestire con sicurezza il collage.

Beppe Montresor