Sono sempre stato un grande
fan degli Orange. E anche se la frase può sembrare strana per il
fatto che questo è il loro esordio ufficiale, devo precisare che
ho avuto la fortuna di ascoltarli anche ai loro esordi, nonché di recensire
proprio su queste pagine uno dei loro demo. Forse proprio per questa ragione
Carnival and cosmos non mi ha folgorato come avrebbe dovuto, ma rimane
a tutti gli effetti un'ottima prova che consiglio caldamente a tutti coloro
che amano le produzioni targate Snowdonia, nonché agli appassionati del
rock indipendente americano più eccentrico - per intenderci quello
espresso da band come Guided by Voices o Pixies. Il retroterra folkloristico degli Orange si scontra con evoluzioni citazioniste al limite dello sperimentalismo colto. Se questo è evidente in Mars in a mouse, vero e proprio collage elettronico, la stessa mentalità sottende tutti gli altri brani nei quali l'impeto goliardico si dispiega coraggiosamente, abbandonano un'idea appena questa comincia a suonare orecchiabile per tuffarsi a capofitto in altre acrobazie strumentali. Tra i brani migliori spiccano Song of the cock e Head già presenti nel loro precedente cd-r e qui ripresi tali e quali perché non necessitando di ulteriori modifiche. Tra i pezzi nuovi si segnala in particolar modo A beggar dreams of a white whale, ottimo esempio di ciò che andrebbe classificato con la definizione 'alt-country' (al contrario dei vari Palace o Cat Power che in realtà suonano country-e-basta). Tra le stranezze veramente degne di tale nome si evidenziano In carnival times, sorta di cow punk futurista con un cammeo di Cinzia la Fauci alla voce (e ti pareva), e The earth seen from the moon, vero e proprio episodio di musica da camera. Rimane da valutare il futuro di un gruppo che composto da due soli elementi polistrumentisti si rivela molto più a suo agio in uno studio di registrazione che in una dimensione live. Nessun dubbio sul talento, c'è solo da sperare che non si brucino troppo presto. Max Osini |