Si apre con un trittico di
canzonette l'esordio discografico degli Orange, ed è immediata la
sensazione che porta a chiedersi quale altra etichetta italiana, se non
la Snowdonia records, avrebbe avuto il courage di produrre questo lavoro.
Un esordio discografico, quello della ghenga capitanata da Alex Bakunim,
che suona quasi come un attraente sberleffo al resto dei sedicenti musicanti
che al giorno d'oggi, nella penisola nostrana... isole comprese, amano sovente
definirsi "artisti". Cosicché asserire che ogni etichetta sarebbe una scomoda e stretta definizione non sembra tanto fuori luogo, poiché nella loro multiforme e arguta idiozia, gli Orange, dimostrano di aver incamerato chiaramente svariati ascolti ricontestualizzandoli intelligentemente in piccole opere d'arte che vanno a costituire un collage di fascinazioni musicali che s'intitola appunto Carnival and cosmos. Carnevale e cosmo, travestimento astratto, maschera felice dell'assurdo intesa come mezzo di espressione efficace. Non sense of humors? Altroché. La peculiarità più curiosa degli Orange è proprio l'indecifrabilità d'insieme, tanto sono inconcluse le loro canzoni a furia d'essere sfumate palesando la mancanza di una vera e propria struttura o di un filo conduttore sempre in bilico tra serio e faceto. E a ragione delle suddette caratteristiche in questa kermesse di sonorità trovano spazio: coacervi di demenza punk, deliranti marcette rumorose, minuti crogioli di mescolanze nowave, soffuse atmosfere da interludio elettronico, sprazzi di pseudo-country popolare, e negli interstizi di questo lastricato sonoro s'intrufolano a dar fastidio applausi a sorpresa, fischi e voci da beoni in vena di vaneggiamenti. Tutti elementi disorientanti di piccole micronarrazioni musicali allestite da quattro burattinai abilissimi nel manovrare le loro marionette. Una coerentissima burla insomma, che nella sua apparente e svogliata superficialità ci fa sorridere profondamente e di gusto. Stupidamente geniali! Luca Sulis |