Con il loro ultimo lavoro,
i Maisie (Alberto Scotti e Cinzia La Fauci, fondatori, tra l'altro, della
etichetta indipendente "Snowdonia") si confermano come una delle
realtà più intriganti dell'attuale scena italiana. Il loro
pop-rock surreale, "devastato" da innumerevoli influenze, continua
a esercitare un fascino "straniante". Diciannove brani in inglese,
per oltre settanta minuti di pura bizzarria, dall'incedere morboso di "Listen,
It's Obsessive" alle avvolgenti fasce
sintetiche, con fiati jazzy, di "Flight
Song # 7"; dalla litania minimale di
"I'm Ashamed"
alle sensuali obliquità folk di "Dancing
Stone", passando per i fremiti poppy
di "Ambra And Her Fans",
"Sypsysolly",
"When I Float",
"Post-Modern?"
e "I Am Sad".
Nei restanti brani, invece, i nostri sembrano ritornare alle sonorità maggiormente urticanti e spericolate dei primi lavori. Innanzitutto, il bellissimo omaggio all'indimenticato Simon Jeffes, leader della Penguin Cafè Orchestra ("Easy Tune For Simon Jeffes"). Poi, il tripudio di Royal Trux in salsa dark-electro in "Division 6"; la ballata robotica di "Vigo Oh Oh" (con sciami di voci trattate); la fanfara pop-jazz di "Candies"; l'electro-pop con liriche francesi di "H.A.D.D.". Ecco, dunque, gli esotismi birboni di "I Am Not A Fucking Vegetarian" e quelli ombrosi di "Sense Of Speed". L'ermetismo sinistro di "William Lustig" (il momento migliore dell'intero lotto), tutto giocato su di un gioco di rifrazioni tra synth in libera uscita, rigagnoli dissonanti e vortici cosmici a là Cluster, conclude in maniera brillante un disco veramente coraggioso. Questo fascinoso duo ha sicuramente le carte in tavola per continuare a stupirci. (7/10) Francesco Nunziata |