Arrivare
alla stazione di Milano in una fredda mattina di gennaio con nelle orecchie
questo disco pieno di crepuscolare malattia mentre tra i grovigli d'asfalto
puoi intravedere il pulviscolo tra i gelidi raggi del sole è una
cosa che ti trasporta in un altro tempo. Siamo alla fine degli Anni '60
e nell'aria c'è qualcosa di selvaggio e violento. C'è una
società che sta cambiando pelle profondamente e questo cd lo racconta
tra frammenti di Nietzsche, suggestioni dello Scott Walker di If
You Go Away e dei Tuxedomoon in uno straordinario affresco postmoderno.
È un disco che merita un'attenzione che non avrà. Perché,
nonostante tutti i discorsi che si fanno, manca nel nostro Paese la capacità
di valorizzare le cose più originali, quelle che sfuggono alle catalogazioni.
Non è rock questo: è pop ma come nessuno se lo potrebbe aspettare.
(4/5)
Luca Valtorta |