Non c'è che dire, questi Egokid
sono strepitosi! Hanno delle capacità di arrangiamento fuori del comune
e totalmente trasversali, mi risulta veramente difficile trovare un gruppo
a cui poterli paragonare. In ogni singola traccia ci sono talmente tante
idee che buona parte degli altri gruppi ci costruirebbe sopra un intero
album, ma loro no, beffardi, le buttano li come se niente fosse, come una
presa in giro fin dalla copertina, e in questo ricordano quel genio insuperabile
di Frank Zappa. Il titolo "The Egotrip" è più che azzeccato,
in effetti in soli dieci pezzi si viaggia attraverso praticamente tutti
i generi musicali di una certa consistenza tecnica, e se non fosse per la
cacofonica difformità tra un brano e l'altro si potrebbe tranquillamente
parlare di un concept album alla maniera degli anni '70. Praticamente c'è del progressive che compare a più riprese, soprattutto nelle tastiere di Brother Model or Mobile Brother e nella voce di Any 1000 Creatures che rimanda ai Rush del periodo d'oro. Ma c'e anche lo space pop di Girl from Venus e la splendida progressione noise molto Flaming Lips di Grey. In Belagente rivivono le modalità dandy del Lou Reed di Coney Island Baby disturbate da un urlare concitato ed isterico veramente surreale. Ma il pazzesco viene con la track che dà il titolo all'album, più di 25 minuti di psichedelia come non si sentiva da decenni, con un finale parossistico di theremin, Moog e campane tibetane da inquietare persino i Pink Floyd di UmmaGumma. Altra cosa veramente particolare è la modulazione camaleontica della voce: i toni diversissimi di brano in brano sconcertano e se non si leggesse nel libretto che solo due cantano verrebbe da pensare che abbiano ingaggiato una squadra di cantanti professionisti. Insomma non perdete assolutamente questo disco dei milanesi Egokid e se riuscite andateli a vedere. Centodieci cum laude! Diego Dal Medico |