Ad un primo fugace approccio
questo cd prospetta una sorta di cambio di direzione in casa Snowdonia:
la copertina in bianco e nero e i toni in qualche modo sommessi della musica
sembrano voler inaugurare una nuova stagione lontano dalle spensierate stravaganze
che hanno reso famosa l'etichetta di Messina. Se questo sia un episodio
isolato o un trend destinato a ripetersi in futuro lo sapremo presto. Per
ora ci interessa approfondire il lavoro di questi Mutable, i quali sono
tanto parchi di informazioni su sé stessi quanto geniali nel cogliere le
possibilità espressive dell'elettronica di bassa fedeltà, arrivando a definire
uno stile continuamente oscillante tra stati d'animo in contrasto tra loro.
La traccia d'apertura li segnala subito come degli Stereolab che invece di flirtare col jazz si accoppiano coi Residents generando una sorta di lounge da scantinato. Questo antitetico rapporto condiziona l'atmosfera generale del disco, le cui tonalità oscillano tra fatalismo, malinconia e solitudine, benché traspaiano ancora sprazzi di sbarazzina follia. Sono invero gli episodi tragicomici quelli in cui si estrinsecano maggiormente le intuizioni musicali del gruppo: il sorriso venato di tristezza di Meat & Bones, lo sproloquio mistico-religioso di Dio, questo sconosciuto, il tango surreale Terso. Su un altro piano giacciono composizioni più sentitamente drammatiche come Disco Bolo, ballabile per freaks, Animal, mutuata dai Third Eye Foundation o Bigger Eyes, danse macabre che potrebbe appartenere al repertorio dei Calexico se questi, invece di vivere in Arizona vivessero a Porto Marghera. Nel caso non lo aveste ancora capito questo è uno dei migliori dischi di rock italiano dell'anno. Massimiliano Osini |