Partiamo dal fatto che io trovo
migliori le cose che mi mettono in una condizione di ultimità,
angoscia o frammentazione (come tutto il cinema che amo: Ruiz,
Bartas, Ioseliani, Tarkoskij,
ecc.). Il CD mi colpisce molto perché mi rimanda in una spirale
di mediazioni prossime all'origine, dimensione cui si potrebbe fare riferimento
con il tempo primo, cioé l'inizio del nostro vissuto, l'adolescenza,
i primi ricordi. È lo stesso effetto
della prima pornografia, il cui godimento era finalizzato ad una dimensione
interna, piuttosto che all'estreflessione dell'ultima pornografia (quella
per intenderci della metà ottanta in poi), il cui orgasmo, deve
divenire visibile e produrre nel fruitore un relativo orgasmo.
La prima pornografia mi sembra lontana dal desiderio finalizzato al bisogno
orgasmico, mentre quella moderna, nelle sue diramazioni patologiche (vedi
coprofilia et similia), deve sfondare le barriere del visibile per produrre
una sovreccitazione che non fa più ricorso all'immaginazione (o
desiderio), quanto piuttosto alle visibilità. Ritornando al discorso
Maise, il missaggio o gli effetti di riverbero o gli incastri degli strumenti,
rimandano ad un gioco la cui decodifica non è immediatamente raggiungibile,
e le cui dimensioni di visibilità non sono riducibili ad una chiarezza
colmata subitaneamente. Il che, più che collocarsi in un semplice
gioco di bisogni pacati, il suono rimanda al desiderio, rimanda all'origine
e a una dimensione primaria, onirica, pre-adolescenziale. Il disegno sul
compact, i robot entro i quali compaiono i volti di Cinzia e Alberto,
sono tutti segni del desiderio dell'origine (al cui fondo vi è
la nostalgia). Dunque i Maise rispondono pienamente alle mie esigenze
di frammentazione nostalgica, spostamento del dato concreto ed apertura
all'astratto, effetti non propriamente immediati ma dispersi nel fondo
della coscienza e che fluttuano incontrollati. È
tutto così pre-musicale, a tratti residentiano, come se quasi queste
ballate provenissero da una sensibilità altra, che sta nel fondo
ironico delle cose piuttosto che limitarsi a tracciare delle direzioni.
È semplicemente un capolavoro (e
lo scrivo indipendentemente dal fatto di conoscere personalmente Cinzia,
cosa anzi che potrebbe, negativamente, creare l'effetto inverso, perché
io potrei associare le cose che derivano da quei pochi segni di scrittura,
dalla sua cultura "altra" cinematografica e musicale, che conosco
di lei, e ripristinare tutto l'inconoscibile che viene fuori da queste
note, e riteritorializzarlo in un contesto che seppure "di differenza",
sarebbe incapace di comunicare l'effetto straniante che viene fuori dall'ascolto
di Maise). Inoltre interessante la durata, perché rende ancora
tutto più indefinibile, e complica il rimando al ricordo (cosa
che rende il CD ancora più intelligibile longevo. Uno dei limiti
dell'ascolto, almeno per me, è: può un cd tenermi impegnato
più di due ascolti o due ore? Prova che Maise supera benissimo,
dato che fra un anno o due, starò ancora lì a corteggiarlo!!!).
Salvatore Borrelli
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