Al mondo niente è
gratis o indolore. Per infilarsi una lattina nell'orecchia bisogna che
si deformi qualcosa: o si spacca l'orecchia o la lattina.
O, come più spesso accade, tutte e due. Nelle infelici condizioni
di esistenza coloniale del nostro paese, dove l'underground - una volta
chiamato "cantina" - si adegua periodicamente ai soliti falsi
miti di progresso che arrivano dagli Stati Uniti, abbiamo constatato con
sorpresa che da qualche tempo in alcuni esseri italiani di sesso femminile
si manifesta un'anomala proprietà sotto forma di secrezione vaginale
"di colore verde-bluastro, odore di pesce marcio e dalla consistenza
di una ricottina" (dall'opuscolo allegato a Top
Girl, Luglio/Agosto 1999). Questo fenomeno
ha dato vita alla cosidetta "Ricottina
Wave", causata anche dall'abitudine
ormai inveterata nei corrispettivi esseri di sesso maschile ad utilizzare
apparecchi a barre telescopiche per estendere le dimensioni dei propri
genitali sul modello di quelli afroamericani. La "Ricottina
Wave" da alcuni anni porta alle cronache
diverse manifestazioni di isteria, alcune delle quali preesistenti al
manifestarsi della proprietà stessa, come si evince dall'articolo
comparso nel numero di Dicembre '99 di questo giornale. Nel corso dell'ultimo
anno però il flusso ha subito una drastica accelerazione, assumendo
di volta in volta sembianze stregonesche delle "Allun",
oppure deformemente liriche a nome "Faccions"
e una stranissima imprevidenza spaziotemporale in cui si sono restaurate
le condizioni di vita che vigevano nel periodo detto "anni ottanta".
Questa bolla viene chiamata "Aerodynamics".
Ma si rischia di fare i conti senza l'oste, se non si considerano i Maisie
di Cinzia La Fauci e Alberto Scotti, appunto i due sceicchi della Snowdonia
di Messina, il principale centro di irradiazione e diffusione della "Ricottina
Wave". Difficile immaginare cosa
sarebbe seguito alla nazionalpopolarizzazione dei Devo
e Residents operata due anni fa nell'esordio "The
incredible strange choir of Paracuwaii".
E infatti non è immaginabile. Con la collaborazione dei maestri
Jacopo Andreini e Stefano Giust, il
nuovo "Do you still remember when you
found your iud in my nostril?" è
pop giunto devastato alla soglia del ventunesimo secolo. Fish
heads, Jimmy
Robot, Last
Night we farted together suonano come
Sonny & Cher che non hanno guardato prima di attraversare
la strada: "Ti ricordi quando passavamo
le notti scorreggiando insieme? / Ti ricordi ancora quando sputavamo sulle
auto in corsa? / Ti ricordi ancora quando trovai la tua spirale nella
mia narice?". Figli della (fu) televisione,
dei giocattoli sintetici e di fabbriche in cui nessuno più lavora
(...Throbbing Gristle?), i Maisie riescono ancora a guardare
alle fogne della musica popolare e trovarle avvolte da un fascino fluorescente
(Flashing guts),
vivendo impulsi prepuberali come nella cover di I wanna be your dog, claudicante
come schiacciata, rapita da una tromba che pare quella di Davis.
Quando poi cedono gli strumenti ai francesi Klimperei,
questi eseguono la giostra occitana Resta
di stucco, è un Barbatrucco!, che
piano piano trasporta in sede onirica con la leggerezza che aveva
Stranizza d'amuri
di Franco Battiato. Anche reinterpretando i loro pezzi
del passato i Maisie riescono a stravolgerli come fossero classici. Perchè
è il popolare tutto - avanguardie, etnie comprese: tutto - a esser
fatto classico e in quanto tale sfasciato, con amorevole partecipazione.
Ma in primo luogo "Do you still remember"
è un disco pieno di soul, una vera discarica dell'anima. Non è
poco, anzi è tutto. Non gli manca neppure la parola, e quasi cammina.
(8/9)
Francesco Vignotto
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