Ottobre 2002. Esce "Dal Lofai al Cisei", terzo album di Bugo, primo per Universal. D'un tratto quest'uomo acquisisce il potere dell'ubiquità e te lo vedi sul canale musicale, te lo leggi su ciascuna rivista musicale, dalla fanzine "quattro gatti e una chitarra" al supplemento musicale dell'importantissimo quotidiano. Ma ho detto Universal. Siccome tutti ne parlano più-che-bene-troppo-bene, salta fuori, anticorpi della situazione, una certa quantità di individui che invece si dedica al lancio dello sterco contro il Bugatti, additato come strumento delle multinazionali per rincoglionire i giovani, patetico prodotto a tavolino, raccomandato, graziato dalla Dea Culo, che è notoriamente cieca, e così via. A ben considerare, la verità sta più o meno nel mezzo, che però non significa Democrazia Cristiana, e non è tutta colpa dell'"artista", termine che la stampa seria usa pure per Justin Timberlake. Ma siccome questa è solo una tenera webzine si può chiamare la gente col proprio nome.
Innanzitutto, non userò mai questa parola, artista, per Bugo. Sarebbe come vestire un metalmeccanico di un qualunque abito delle sfilate di Haute Couture parigine: insomma, una grave offesa per il metalmeccanico. Perché si sprecano tonnellate di cartacce per queste ampollose definizioni, e probabilmente Bugo le userebbe soltanto per scriverci dietro la tracklist del prossimo concerto.
Se si va a riascoltare "La prima Gratta", eloquentemente, primo album del nostro, uscito nel 2000, eppure sembra un casino fa, e via di nostalgia delle mezze stagioni perdute, si può agevolmente comprendere che Il Bugatti per quel contratto major non deve avere mosso veramente un dito, perché lo stile di Bugo, nel tempo si è spostato pochino, e quindi si riscontrano a fatica i sintomi di quella curiosa malattia che i puristi dell'underground diagnosticano come "commercializzazione", e che però un Piero Pelù qualsiasi chiamerebbe "maturazione". Di chi? Dell'artista, chiaro. Ma voi mi capite: nella comunità scientifica su questi argomenti non si è ancora raggiunto un accordo soddisfacente. Io ad esempio non sto né con Pelù né coi puristi.
Il fatto è che, semplicemente, "La prima Gratta" è il primo disco di questo "cantante", ed allora sarà per forza il più Lo-Fi, il più disomogeneo di tutti, anche se in futuro costui non si convertirà mai alle iper-produzioni stile Toto. Ci sarà dentro un pò di tutto, materiale un pò a caso scritto nei molti anni prima, dai Nirvana apocrifi di "Quante menate che mi faccio", all'Hard Rock tamarro di "Sabato Mattina", dai frammenti di elettronica da mensa dei poveri, alle inimitabili ballatone tristi, vedi "Spermatozoi", autentico marchio di fabbrica del nostro. Dal blues mesto di "Nei momenti così" al Guccini registrato in bagno di "Addio alle canzoni di una volta". Dalle canzoni belle in veste dimessa alla fuffa ("I Baci della Mia Nonna", "Nonne Posso Più "). E per questo sarà un notevole documento Lo-Fi, un foglio sgualcito pieno di sgorbi, di intuizioni splendide lasciate lì a metà e illeggibili per la cattiva calligrafia e di altre cose-non so cosa. Ma non tutti avranno voglia di leggere testi dalle rime forzate che sembrano-sono proprio stupidi, ma a tradimento infilano nel mucchio la perla di saggezza travestita da stronzata. è comprensibile. Io stesso penso che parte del materiale di Bugo sia assolutamente superfluo. Il problema è che ora Bugo, parallelamente ad una moderatissima, fisiologica, normalizzazione, si è inserito nei salotti buoni, e deve rispondere alle domande da artista che gli vengono poste ad appannaggio del pubblico quindicenne o distratto, o entrambi. Secondo me se l'è cercata, anche un pochino per la voglia di maturazione. Allora il mio giudizio resta sospeso. 


Enrico Banzola