È con colpevole ritardo
che mi accingo alla recensione di questo lavoro dei Duozero; ma stavolta
non mi sento di accusare nessun'altro che me stesso, anche solo per il rammarico
di avere ignorato così a lungo un gran bel disco. E dire che non
mi avevano mai entusiasmato i progetti precedenti di Fabrizio Tavernelli
(a.F.a.) e Enrico Marani (Le forbici di Manitù), ma
in questo caso la collaborazione tra i due - sotto l'egida di Snowdonia
- ha prodotto un cocktail di notevole gusto, un album letteralmente poliedrico
la cui ricchezza si può dedurre anche solo dall'elenco degli strumenti
utilizzati che copre una pagina del booklet. Le influenze sono estremamente variegate e spaziano dai Residents ai Matmos, dai Pink Floyd ai Mouse On Mars, dal jazz al pop. Ma è dal punto di vista compositivo che c'è da levarsi tanto di cappello per alcune piccole perle destinate a risplendere a lungo dalle casse del mio stereo. Ad esempio Brain enthropy, dal ritmo ottundente e dai campionamenti schizoidi; oppure N.F.O un lounge sintetico per robot sbarazzini; oppure metamorphic space lama dall'incedere drammatico che accompagna divagazioni vocali mistico-religiose. La tradizione di Snowdonia rivive in Latinoamericana, una spensierata colonna sonora per videogiochi, e in Kmputrfly, una sessione improvvisata come potrebbero farla alcuni computer se solo fossero in grado di intendere e di volere. Sull'altro versante, quello serioso, fanno bella mostra di sé Piano modificato e Microcinema, due litanie lente e drammatiche che esalano il respiro del Brian Eno più cupo e notturno. Il resto dei brani si lascia andare a numerose svisate psichedeliche e spaziali che, pur appesantendo la scorrevolezza del disco, non ne inficiano il valore complessivo, certamente uno dei più alti raggiunti dell'elettronica italiana degli ultimi anni. Massimiliano Osini |