Cinzia La Fauci
e Alberto Scotti
discografici di
Snowdonia
La copertina del disco
dei "Transgender" con Stalin crocefisso ha fatto discutere. C'è
stato un "corpo a corpo" tra gruppo e label (Snowdonia)
"Non è una questione
di gusto che riguarda la bellezza o meno dell'artwork - afferma la
band emiliana - La
grafica nel suo complesso ha molteplici livelli di lettura, ma tra
questi c'è senza dubbio l'interpretazione politica, e non ci
interessa di quale tipo, se di sinistra o di destra, perché i
Transgender hanno scelto consapevolmente di non essere collegati in
nessun modo, anche il più lontano, a qualsiasi tipo di
politica”.
Replica la casa
discografica (Cinzia La Fauci) "Nel caso specifico non siamo neppure
d'accordo sulla chiave di lettura "politica" che la band fa del
nostro lavoro. Abbiamo utilizzato un immaginario "sovietico"
semplicemente perchè la musica ci suggeriva l'idea di un sogno, di
una sfida al mondo, ci trasmetteva l'idea di un voler ricominciare a
sognare in un mondo distrutto, chiuso su se stesso e sul proprio
dolore. Quelle "parole" che volano alto, arrivano al cielo, quel
lirismo "esplosivo" ci ha fatto pensare ad un epoca in cui l'umanità
aveva grandi sogni, un'epoca in cui i grandi artisti si sentivano
parte attiva in un mondo che doveva cambiare, diventare migliore,
quasi perfetto.Questo sogno puoi chiamarlo cristianesimo, comunismo,
anarchia, pacifismo ecc... Abbiamo usato l'immagine di Stalin
crocifisso come simbolo (uno qualsiasi) di un sogno perso, tradito,
di una sconfitta (dell'arte, della politica, dell'amore..non ha
nessuna importanza). Chi ci conosce sa che non siamo così gretti da
piazzare una falce e martello su un disco per dire siamo comunisti!
Oppure un fascio per urlare: "Viva il duce!". Non siamo come quei
ragazzotti idioti che vanno all'MTV day con la bandiera del
Che”.
Un incontro di boxe
su una copertina "scomoda”. La cosa ci ha divertito. Abbiamo
contattato Snowdonia e chiacchierato con Cinzia di artwork, di
underground, di rapporti artisti-etichette e delle cover
provocatorie degli anni Settanta.
- Come e quando nasce Snowdonia? Quali le sue proposte
musicali? È apprezzabile ancor più - a mio avviso - il fatto che
nasca nel "profondo Sud"...
Snowdonia nasce tanti
anni fa, nel corso di quegli anni 80 dai quali non siamo mai usciti
(intendo dire tutti noi, come genere umano). Inizialmente era una
fanzine e anche una attivissima tape label guidata da quel Marco
Pustianaz che adesso alterna l'attività di amatore a quella di
docente universitario. Accadde che i Maisie (il mio gruppo)
inviarono al Pustianaz una cassettina (davvero indecente), lui che
ha sempre badato più alla simpatia delle persone che al loro talento
musicale ci pubblicò. Nacque una grande amicizia, così quando decise
di mettere fine alla sua creatura, noi la salvammo dalla morte. La
nuova Snowdonia (ri)nasce nel 1997 con la compilation "Orchestre
Meccaniche Italiane", basata sulla megalomane idea di dimostrare che
non tutta la musica prodotta in Italia (nei bassifondi) era
necessariamente un polpettone fatto di pessime imitazioni di modelli
anglosassoni e proclami politico/populistici (era la magica epoca
delle posse). Quando il direttore di Blow Up Stefano Isidoro Bianchi
scrisse "semplicemente la miglior compilation prodotta in Italia da
molti anni a questa parte" ci convicemmo di essere bravi e non ci
siamo più tirati indietro (c'è una sottile auto-ironia in questa
affermazione, ma senza esagerare). Riguardo alla collocazione
geografica Snowdonia è profondamente meridionale, perché solo un
meridionale avrebbe potuto concepire una "cosa" talmente
improduttiva, giocosa, basata sulla lentezza, sulla contemplazione e
su quella poca voglia di lavorare di cui siamo fieri. Spero che il
Sud resti non industrializzato molto a lungo, noi preferiamo
l'agricoltura, che è un lavoro vero, fatto con le mani, non con le
pinze (con tutto il rispetto per le pinze).
- Tu di cosa ti
occupi in Snowdonia?
Di tutto: grafiche,
scelta dei gruppi, relazioni pubbliche (meglio se telefoniche, adoro
parlare al telefono). In realtà Snowdonia è una creatura condotta e
gestita in ogni aspetto da Cinzia La Fauci (che sono io) e Alberto
Scotti (che è lui, ma non sta badando a noi in questo momento).
Aggiungo che Alberto non usa il telefono dal 1994, è l'anima grigia,
misteriosa e silenziosa
di Snowdonia.
- Che significa
fare underground negli anni Duemila?
Oddio, è un pò come
cercare di vendere liuti ai metallari oppure libretti rossi di Mao
nei congressi di Forza Italia. A noi "diverte" il fatto di essere di
troppo, in buona sostanza lo facciamo perché nessuno sembra sentirne
il bisogno.
- Prevedete nuove uscite discografiche? Ce ne puoi
parlare?
Noi siamo più metodici
degli svizzeri, dal 2001 produciamo 8 dischi all'anno. Farlo è
estremamente semplice, ci basta ascoltare i demo che ci arrivano,
scartare quelli orrendi, buttare quelli carini, ridere di quelli
perfetti e mandare in stampa quelli che ci piacciono davvero. Il più
delle volte si tratta di musica invendibile oppure di musica
vendibilissima, solo che, come saprai bene, per vendere musica non
occorre produrne di buona, basta solo avere un pozzo di denaro da
investire in pubblicità. Nessuno compra quello di cui ha bisogno, si
limita a comprare quello di cui crede di aver bisogno a causa del
martellamento promozionale, non è un meccanismo che ho scoperto io,
è la base del capitalismo. Un progetto di cui andiamo
particolarmente fieri vedrà la luce nei primi mesi del 2005, si
tratta di una compilation dal titolo "lo zecchino d'oro
dell'underground", l'idea è quella di affidare delle composizioni a
bambini dai 3 ai 12 anni, facendole cantare a loro. Non si tratta
ovviamente di musica per bambini, si tratta piuttosto di far giocare
i bambini con le cose dei grandi, loro saranno le star, noi dei
patetici pupazzi. L'idea è nata da una riflessione molto semplice:
il mondo così com'è fa schifo, eppure quando eravamo bambini alla
televisione potevamo (anche per sbaglio) vedere un film di Pasolini
in prima serata, potevamo gustarci cartoni come "la famiglia Mezil".
Adesso stiamo allevando una generazione intera a colpi di Fiction e
Reality Show, li facciamo giocare con i cellulari che scattano le
fotografie. Insomma: se il mondo adesso fa schifo figuriamoci come
sarà tra 20 anni.
- Anche il Vs
approccio con internet è particolare. Con un sito che vuole "semplificare",
ironicamente
"banalizzare"...
A noi interessa
semplicemente valorizzare il colore, vorremmo colorare le nostre
città, le nostre vite, i luoghi di lavoro, siamo però coscienti che
si tratta di pura illusione, anzi di auto-ipnosi. Ci interessa
recuperare l'idea di gioco, di semplicità visiva, ci piacciono le
forme elementari, le allusioni piuttosto che i
proclami.
- le cover di Snowdonia sono sempre realizzate dalla
direzione artistica dell'etichetta?
Sono sempre, tranne in
rari casi, realizzate dai Maisie (ovvero Cinzia e
Alberto).
- come nasce una
cover Snowdonia?
In maniera molto
semplice: ascoltiamo il disco in cuffia, lungamente e lasciamo che
siano le immagini a fare capolino tra le sinapsi. Questa è una prima
fase, diciamo "istintiva", poi entra in gioco la ragione, la morale,
la politica. Ci piace l'idea che una cover rappresenti la nostra
idea della musica di quella band ma ci piace anche che possa avere
valore in se, siamo interessati a suscitare dibattiti, non
scioccamente a turbare le coscienze (per quello ci pensa il Grande
Fratello).
- La copertina dell'album dei Transgender ha fatto
discutere. Con qualche perplessità della stessa band. Eppure è quasi una "citazione
letteraria".Io ho pensato a la classe operaio va in Paradiso... Ma anche
al libro... "Porci con le ali" (che in un certo senso anticipava i
discorsi sulla fine delle ideologie). E poi non so "The Wall" dei
Pink Floyd (la caduta del muro di Berlino con il muro che veniva
eretto e smontato sul palco della
band)...
È esattamente così, per
noi quell'immagine rappresenta la fine di un mondo, di un epoca.
Rappresenta allo stesso modo la mancanza di futuro, la paura ma
anche la possibilità di una rinascita, di qualcosa che venga fuori
dalle rovine. Vorrei anche aggiungere che il delitto più grande del
passato millennio è senza dubbio la rimozione di quel "sogno"
collettivo ma anche della realtà dei paesi dell'est. Con tutte le
sue aberrazioni il socialismo reale era comunque "qualcosa", fatto
di immagini, edifici, lotte, modi di vita. Per il 90% dell'opinione
pubblica di oggi quei paesi rappresentano solo i luoghi da dove
vengono le puttane e i nuovi mafiosi. Io ho visitato la Repubblica
Ceca, la Romania, la Bulgaria, la Russia e ho trovato suoni, colori,
cultura, dignità. Parlo di una cultura che si costruiva
sotterraneamente per sopravvivere al comunismo ma anche di quella
"ufficiale", delle sue icone, delle sue gigantesche follie,
gigantesche nel senso di enormi, imponenti ed impotenti, come
l'acquedotto di Praga. Io ci penserei due volte a dire che
Zeffirelli è più interessante di Vertov.
- I tuoi gusti
musicali si riflettono nelle scelte
Snowdonia?
Al 100%. Snowdonia si
basa sui miei gusti musicali. Devo direi che Transgender è l'unica
"cosa" vicina ad una idea di progressive che io abbia mai prodotto.
In realtà, come sai, c'è stata questa frattura post 77...la forma
canzone rinnovata, stravolta, distrutta è stata una risposta a
quella che veniva vista come una musica borghese, ampollosa, fine a
se stessa. Mi sono ritrovata più a crescere con i Bauhaus che con i
gentle giants Però, alla lunga mi sono accorta che sono tutte
panzane, nel senso che come ascoltatrice mi sono ritrovata a
recuperare molto progressive che tutto è tranne che ampolloso e fine
a se stesso, anzi è pieno del puro piacere del suonare, ricco di
soluzioni, di arrangiamenti geniali. Per cui
adesso
rientrano tra i miei
ascolti abituali band come Catapilla, Spring, Quatermass, Grits, i
primi Genesis, Henry Cow, Family, Arcadium, East of eden
ecc...
- la cover dell'album dei Transgender mi
sembra un richiamo ad
un periodo progressive (sarebbe stata stupenda a dimensione 33
giri). C'è il tentativo
di rivalorizzare l'art cover?
Credo che oggi si sia
del tutto disabituati ad un'idea di arte "ambigua", che possa
suscitare, il dubbio, la riflessione...si preferisce qualcosa di
carino, decorativo, che non offenda nessuno e che piaccia un pò a
tutti. Peccato che io non sia d'accordo...sono una persona che pensa
che l'arte debba sporcarsi con la "politica", eccome se lo
penso!
- D'accordo con
te. La musica si sporcava con la politica, eccome. Sarà che erano i
miei 70, anni particolari, in cui si cercava di scuotere, di colpire
(ricordo la copertina di Fetus del primo Battiato che scandalizzò e
quella del suo secondo disco Pollution con il crocefisso che
all'epoca suonava blasfema...come vedi la cover dei Transgender è
molto progressive...
Io comunque non avevo
intenzione di scandalizzare. Secondo me la ricerca di "scandalo"
spesso finisce per essere un modo comodo e veloce per guadagnare
spazio e attenzione all'interno delle regole della società dello
spettacolo. A me interessava,semplicemente, concepire un'immagine
che facesse pensare alla fine tragica di un mondo, di un sogno, di
una utopia. Per me loStalin crocefisso era un modo di dire: abbiamo
messo fine al comunismo... cosa ne sarà dei nostri sogni? Potranno
risorgere? Non intendo "solo" parlare dell'utopia comunista, ma di
qualsiasi altra utopia, anche semplicemente nella banale, cristiana,
speranza di un futuro migliore, più umano.
- D'altronde gli
Area insegnano con Arbet Macht Frei (Il lavoro rende liberi). la
frase dei campi di concentramento nazisti. li si poteva tacciare di
nazimo? E l'inserire la pistola p38 di
cartone
nell'album: li
potevi tacciare di terrorismo (in anni
bui)?
Ci mancherebbe altro!
Sarebbe come dire che Martin Scorsese incoraggia la mafia o che Abel
Ferrara incoraggia la violenza metropolitana. È un discorso
elementare, a me sembra surreale che nel 2004 io debba precisare
queste banalità con degli artisti...non ha
senso.
Per inciso le
copertine degli album degli Area erano realizzate daldiscografico
Sassi (Cramps) senza coinvolgere la
band.
Lo so bene, io ritengo
che sia quasi "dovere" di un'etichetta discografica (almeno per come
la intendo io) avere la libertà di comunicare graficamente. Il segno
grafico è stato fondamentale per tutte le etichette che stimo, dalla
Cramps, alla 4AD, alla Cherry Red ecc... Bisogna fare molta
attenzione a questo, non si tratta di limitare la creatività delle
band, si tratta di capire bene chi debba fare cosa e perchè. Il mio
modo di intendere un'etichetta è simile a quella della Factory di
Warhol, mi piace che ci sia un segno, un'idea dietro...la stessa
idea che mi porta a scegliere una band piuttosto che un'altra, è
tutto un insieme etico/estetico. Ovviamente lungi da me l'idea di
paragonarci a Warhol, alla Cherry red oppure a Martin Scorsese, per
carità
a
cura di Gaetano Menna
Le immagini proposte
sono cover di album targati
Snowdonia