Lo Zecchino d'Oro
dell’Underground Una musica interpretata dai bambini, sottratta alla vanità dei musicisti “alternativi” e consegnata ad uno stuolo di ragazzini di età compresa tra 5 e 15 anni. Lo Zecchino d'oro Dell'Underground è probabilmente una delle operazioni più interessanti e rivoluzionarie dai tempi delle sperimentazioni cagiane con gli I-Ching. Spodestare il compositore del suo ruolo egemone, riporre il potere di “dar senso” ad una composizione nelle mani di un bambino, ovvero quanto di più lontano possa esistere dai tristi stereotipi del musicista alternativo, cavaliere duro e puro armato della sua chitarra e convinto (beata incoscienza...) di essere depositario di chissà quale verità eterna e investito del compito di redimere il genere umano dai suoi peccati. La forza di questa operazione risiede a nostro avviso nel suo potere evocativo, quale miglior modo di rapportarsi all'alterità se non conferendo nelle mani dell'altro la facoltà di determinare il destino della propria creazione. Una musica in origine rock n'roll che finisce per deridere se stessa e chi la scrive, possiamo immaginare che questa compilation verrà trattata come un bizzarro gioco escogitato da chi non ha più frecce al suo arco e raschia il fondo del barile mettendo in piedi operazioni circensi. Nulla di più falso, è semmai la musica alternativa che ha da tempo esaurito la sua spinta creativa e il suo senso critico, e non sa far altro che riproporre in piccolo le logiche proprie del mainstream. Canzonette pop prive di personalità e senso travestite da punk-rock songs con chitarroni e tamburi pestati. I circuiti “underground” sono ormai appannaggio di ragazzini che riscrivono migliaia di volte lo stesso brano dei Nirvana e che alla domanda “Che musica fate?” rispondono “Mah, non sapei come definirla, è una musica tutta nostra, inventata da noi”. Perciò i Saint Ferdinand propongono una nuova sfida, con la quale Cinzia potrebbe decidere di confrontarsi, ovvero uno Zecchino d'Oro dell'Underground parte seconda, gli “adulti” interpretano brani interamente scritti da bambini e il cerchio si chiude, ora il musicista alternativo si trova dall'altra parte della barricata, esecutore agli ordini di un compositore che gli impone le sue scelte. Forse questa è la degna conclusione di una simile avventura, dapprima concedere al bambino il “lusso” di interpretare un proprio brano, successivamente relegare se stesso al ruolo di esecutore, nessuna facoltà di decidere, solo cieca obbedienza e rispetto per quanto scritto. Era la morale delle avanguardie, nessun rispetto per la tradizione e per la tronfia burocrazia delle accademie, ma ridiscutere continuamente il nostro rapporto con la pratica creativa mettendone continuamente in discussione i presupposti. |