Il mondo "vero", quello con le scarpe in pelle umana, è solito guardare a Snowdonia come a una comunità di persone in sandali di plastica, modello Upim, gente strana, "Cosa vorranno questi mostri da noi? I loro dischi non li abbiamo mai capiti bene, troppo snob, troppo sperimentali e bla bla bla". Ebbene, è giunto il momento di dire chiaramente e senza ambiguita che siamo stufi di queste dialettiche ammuffite e abbiamo la ferma intenzione di entrare in guerra contro gli idioti del mondo. Useremo la musica pop per far breccia nel cuore della gente e nessuno sarà risparmiato! Finchè si scherza si scherza, adesso è una questione politica e si fa sul serio. Cosa c'entra l'infanzia? È da qualche tempo che ci troviamo di fronte a una domanda inquietante (di quelle che si rimandano sempre al giorno dopo, stile bolletta in scadenza): come stiamo allevando le nuove generazioni? La risposta è semplice e, nello stesso tempo, assai "amara": le stiamo allevando malissimo (in effetti le STATE allevando malissimo, noi non c'entriamo proprio nulla). Riteniamo che una cultura di guerra (nella quale i Blue, gli Yuppi Flu e Bush sono la stessa cosa) possa far facilmente presa su individui abituati a non pensare, a non farsi domande, a scrivere sui forum e a prendere per buono tutto quello che viene dal Tg1 o dalle etichette indie italiane. Forse può apparire come una provocazione estrema ma il nostro punto di vista è questo: può una generazione che non vedrà mai in tv un film di Pasolini, Laurenti, Emmer, Godard, Edwards, Truffaut, Comencini, allargare i propri orizzonti? Potrà vedere al di là di un cupo (scintillante) scenario fatto di facili consumi e risposte precotte? Può una generazione che ignora la musica di De Andrè, Robert Wyatt, Ciampi, Squallor e (ovviamente) Fausto Balbo battersi in futuro contro la lucida, mediocre razionalità di qualche tizio che dice che bisogna sterminare una popolazione per assicurare la pace in casa a qualche altra popolazione? Da una parte si spara, si uccide, si bombarda, si producono gruppi italiani che si esprimono in perfetto inglese e dall'altra si tenta di nascondere il tutto con una cultura asettica, lontana anni luce dal mondo reale: quiz, giochini, corpi semi-nudi (senza neppure la parvenza di un'autentica liberazione sessuale, li vogliamo levare o no quei due, tre centimetri di stoffa che restano?), fiction idiote (e revisioniste), vip falliti che raschiano il fondo del barile pur di prendere parte alla festa (se non è possibile stare nel salone vedremo il brindisi dal cortile). Si spara ai corpi e si spara alle menti soprattutto. È in quest'ottica, semplicemente per dare un segnale di vita, che è nata in noi l'idea di questo disco che coinvolge bambini e bambine, li rende protagonisti in un gioco chiamato "musica". Per noi giocare e suonare sono lo stesso verbo, peccato che il pallone sia più drogato della musica e che l'Inter non vinca nulla da anni. Abbiamo chiesto ai nostri amici rocckettari di comporre una canzone e cantarla insieme a un bambino o a una bambina. Ci sembra un bel ponte gettato a una generazione che sta crescendo tra cellulari che fanno anche il cappuccino, le cui suonerie sembrano essere l'unica colonna sonora della nostra vita, e gli imbarazzanti silenzi dei mesti dopo-cena. Speriamo di aver dato modo (nel nostro piccolo) a queste future donne e futuri uomini di capire che si possono realizzare cose belle, dolci, stimolanti, creative, divertenti. Credeteci, si può (soprav)vivere anche senza dover necessariamente appecorinarsi ad un capo struttura pelato o ad un presidente del consiglio con i capelli in costante ricrescita. Scattare fotografie in bassa risoluzione con un telefono non è poi tutto questo spasso. Suonare è meglio che tirare bombe (persino più economico), cantare è meglio che vedere Francesco Benigno che si rotola nel fango come un porcellino rosa, fare della propria vita un messaggio di gioia, creando qualcosa tra amici è meglio che sperare, come massima ambizione, di poter dire in televisione: "Ciao Paolo, sono la signora Fabiana da Aosta, sono emozionatissima, è tanto tempo che provo a chiamarti". Verità ovvie? Boh...Mah...